Riforma Biagi: approvata la delega al Governo in materia di occupazione e lavoro

  ( Disegno di legge definitivamente approvato il 05.02.2003 n° 848 )

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"Delega al Governo in materia di occupazione e mercato del lavoro"

Disegno di legge n.848

(Testo approvato in via definitiva dal Senato della Repubblica il 5 febbraio 2003, non ancora promulgato o pubblicato nella Gazzetta Ufficiale)

 Art. 1.

(Delega al Governo per la revisione della disciplina dei servizi pubblici e privati per l’impiego, nonché in materia di intermediazione e interposizione privata nella somministrazione di lavoro)

1. Allo scopo di realizzare un sistema efficace e coerente di strumenti intesi a garantire trasparenza ed efficienza al mercato del lavoro e a migliorare le capacità di inserimento professionale dei disoccupati e di quanti sono in cerca di una prima occupazione, con particolare riguardo alle donne e ai giovani, il Governo è delegato ad adottare, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentito il Ministro per le pari opportunità ed entro il termine di un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi diretti a stabilire, nel rispetto delle competenze affidate alle regioni in materia di tutela e sicurezza del lavoro dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, e degli obiettivi indicati dagli orientamenti annuali dell’Unione europea in materia di occupabilità, i princìpi fondamentali in materia di disciplina dei servizi per l’impiego, con particolare riferimento al sistema del collocamento, pubblico e privato, e di somministrazione di manodopera.

2. La delega è esercitata nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) snellimento e semplificazione delle procedure di incontro tra domanda e offerta di lavoro;

b) modernizzazione e razionalizzazione del sistema del collocamento pubblico, al fine di renderlo maggiormente efficiente e competitivo, secondo una disciplina incentrata su:

1) rispetto delle competenze previste dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, con particolare riferimento alle competenze riconosciute alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano;

2) sostegno e sviluppo dell’attività lavorativa femminile e giovanile, nonché sostegno al reinserimento dei lavoratori anziani;

3) abrogazione di tutte le norme incompatibili con la nuova regolamentazione del collocamento, ivi inclusa la legge 29 aprile 1949, n. 264, fermo restando il regime di autorizzazione o accreditamento per gli operatori privati ai sensi di quanto disposto dalla lettera l) e stabilendo, in materia di collocamento pubblico, un nuovo apparato sanzionatorio, con previsione di sanzioni amministrative per il mancato adempimento degli obblighi di legge;

4) mantenimento da parte dello Stato delle competenze in materia di conduzione coordinata ed integrata del sistema informativo lavoro;

c) mantenimento da parte dello Stato delle funzioni amministrative relative alla conciliazione delle controversie di lavoro individuali e plurime, nonché alla risoluzione delle controversie collettive di rilevanza pluriregionale;

d) mantenimento da parte dello Stato delle funzioni amministrative relative alla vigilanza in materia di lavoro, alla gestione dei flussi di entrata dei lavoratori non appartenenti all’Unione europea, all’autorizzazione per attività lavorative all’estero;

e) mantenimento da parte delle province delle funzioni amministrative attribuite dal decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469;

f) incentivazione delle forme di coordinamento e raccordo tra operatori privati e operatori pubblici, ai fini di un migliore funzionamento del mercato del lavoro, nel rispetto delle competenze delle regioni e delle province;

g) ridefinizione del regime del trattamento dei dati relativi all’incontro tra domanda e offerta di lavoro, nel rispetto della legge 31 dicembre 1996, n. 675, al fine di evitare oneri aggiuntivi e ingiustificati rispetto alle esigenze di monitoraggio statistico; prevenzione delle forme di esclusione sociale e vigilanza sugli operatori, con previsione del divieto assoluto per gli operatori privati e pubblici di qualsivoglia indagine o comunque trattamento di dati ovvero di preselezione dei lavoratori, anche con il loro consenso, in base all’affiliazione sindacale o politica, al credo religioso, al sesso, all’orientamento sessuale, allo stato matrimoniale, o di famiglia, o di gravidanza, nonché ad eventuali controversie con i precedenti datori di lavoro. È altresì fatto divieto di raccogliere, memorizzare o diffondere informazioni sui lavoratori che non siano strettamente attinenti alle loro attitudini professionali e al loro inserimento lavorativo;

h) coordinamento delle disposizioni sull’incontro tra domanda e offerta di lavoro con la disciplina in materia di lavoro dei cittadini non comunitari, nel rispetto della normativa vigente in modo da prevenire l’adozione di forme di lavoro irregolare, anche minorile, e sommerso e al fine di semplificare le procedure di rilascio delle autorizzazioni al lavoro;

h) eliminazione del vincolo dell’oggetto sociale esclusivo per le imprese di fornitura di prestazioni di lavoro temporaneo di cui all’articolo 2 della legge 24 giugno 1997, n. 196, e per i soggetti di cui all’articolo 10, comma 2, del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, e successive modificazioni, garantendo un periodo transitorio di graduale adeguamento per le società già autorizzate;

l) identificazione di un unico regime autorizzatorio o di accreditamento per gli intermediari pubblici, con particolare riferimento agli enti locali, e privati, che abbiano adeguati requisiti giuridici e finanziari, differenziato in funzione del tipo di attività svolta, comprensivo delle ipotesi di trasferimento della autorizzazione e modulato in relazione alla natura giuridica dell’intermediario, con particolare riferimento alle associazioni non riconosciute ovvero a enti o organismi bilaterali costituiti da associazioni dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative a livello nazionale o territoriale, ai consulenti del lavoro di cui alla legge 11 gennaio 1979, n. 12, nonché alle università e agli istituti di scuola secondaria di secondo grado, prevedendo, altresì, che non vi siano oneri o spese a carico dei lavoratori, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 7 della Convenzione dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) del 19 giugno 1997, n. 181, ratificata dall’Italia in data 1º febbraio 2000;

l) abrogazione della legge 23 ottobre 1960, n. 1369, e sua sostituzione con una nuova disciplina basata sui seguenti criteri direttivi:

1) autorizzazione della somministrazione di manodopera, solo da parte dei soggetti identificati ai sensi della lettera l);

2) ammissibilità della somministrazione di manodopera, anche a tempo indeterminato, in presenza di ragioni di carattere tecnico, produttivo od organizzativo, individuate dalla legge o dai contratti collettivi nazionali o territoriali stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative;

3) chiarificazione dei criteri di distinzione tra appalto e interposizione, ridefinendo contestualmente i casi di comando e distacco, nonché di interposizione illecita laddove manchi una ragione tecnica, organizzativa o produttiva ovvero si verifichi o possa verificarsi la lesione di diritti inderogabili di legge o di contratto collettivo applicato al prestatore di lavoro;

4) garanzia del regime della solidarietà tra fornitore e utilizzatore in caso di somministrazione di lavoro altrui;

5) trattamento assicurato ai lavoratori coinvolti nell’attività di somministrazione di manodopera non inferiore a quello a cui hanno diritto i dipendenti di pari livello dell’impresa utilizzatrice;

6) conferma del regime sanzionatorio civilistico e penalistico previsto per i casi di violazione della disciplina della mediazione privata nei rapporti di lavoro, prevedendo altresì specifiche sanzioni penali per le ipotesi di esercizio abusivo di intermediazione privata nonché un regime sanzionatorio più incisivo nel caso di sfruttamento del lavoro minorile;

7) utilizzazione del meccanismo certificatorio di cui all’articolo 5 ai fini della distinzione concreta tra interposizione illecita e appalto genuino, sulla base di indici e codici di comportamento elaborati in sede amministrativa che tengano conto della rigorosa verifica della reale organizzazione dei mezzi e dell’assunzione effettiva del rischio di impresa da parte dell’appaltatore;

m) attribuzione della facoltà ai gruppi di impresa, individuati ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile nonché ai sensi del decreto legislativo 2 aprile 2002, n. 74, di delegare lo svolgimento degli adempimenti di cui all’articolo 1 della legge 11 gennaio 1979, n. 12, alla società capogruppo per tutte le società controllate e collegate, ferma restando la titolarità delle obbligazioni contrattuali e legislative in capo alle singole società datrici di lavoro;

o) abrogazione espressa di tutte le normative, anche se non espressamente indicate nelle lettere da a) a n), che sono direttamente o indirettamente incompatibili con i decreti legislativi emanati ai sensi del presente articolo;

p) revisione del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 18, che ha modificato l’articolo 2112 del codice civile in tema di trasferimento d’azienda, al fine di armonizzarlo con la disciplina contenuta nella presente delega, basata sui seguenti criteri direttivi:

1) completo adeguamento della disciplina vigente alla normativa comunitaria, anche alla luce del necessario coordinamento con la legge 1º marzo 2002, n. 39, che dispone il recepimento della direttiva 2001/23/CE del Consiglio, del 12 marzo 2001, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti;

2) previsione del requisito dell’autonomia funzionale del ramo di azienda nel momento del suo trasferimento;

3) previsione di un regime particolare di solidarietà tra appaltante e appaltatore, nei limiti di cui all’articolo 1676 del codice civile, per le ipotesi in cui il contratto di appalto sia connesso ad una cessione di ramo di azienda;

q) redazione, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, di uno o più testi unici delle normative e delle disposizioni in materia di mercato del lavoro e incontro tra domanda e offerta di lavoro.

Art. 2.

(Delega al Governo in materia di riordino dei contratti a contenuto formativo e di tirocinio)

1. Il Governo è delegato ad adottare, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentito il Ministro per le pari opportunità, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica, con il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca e con il Ministro per gli affari regionali, entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi diretti a stabilire, nel rispetto delle competenze affidate alle regioni in materia di tutela e sicurezza del lavoro dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, e degli obiettivi indicati dagli orientamenti annuali dell’Unione europea in materia di occupazione, la revisione e la razionalizzazione dei rapporti di lavoro con contenuto formativo, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) conformità agli orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato alla occupazione;

b) attuazione degli obiettivi e rispetto dei criteri di cui all’articolo 16, comma 5, della legge 24 giugno 1997, n. 196, al fine di riordinare gli speciali rapporti di lavoro con contenuti formativi, così da valorizzare l’attività formativa svolta in azienda, confermando l’apprendistato come strumento formativo anche nella prospettiva di una formazione superiore in alternanza tale da garantire il raccordo tra i sistemi della istruzione e della formazione, nonché il passaggio da un sistema all’altro e, riconoscendo nel contempo agli enti bilaterali e alle strutture pubbliche designate competenze autorizzatorie in materia, specializzando il contratto di formazione e lavoro al fine di realizzare l’inserimento e il reinserimento mirato del lavoratore in azienda;

c) individuazione di misure idonee a favorire forme di apprendistato e di tirocinio di impresa al fine del subentro nella attività di impresa;

d) revisione delle misure di inserimento al lavoro, non costituenti rapporto di lavoro, mirate alla conoscenza diretta del mondo del lavoro con valorizzazione dello strumento convenzionale fra le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, il sistema formativo e le imprese, secondo modalità coerenti con quanto previsto dagli articoli 17 e 18 della legge 24 giugno 1997, n. 196, prevedendo una durata variabile fra uno e dodici mesi ovvero fino a ventiquattro mesi per i soggetti disabili, in relazione al livello di istruzione, alle caratteristiche della attività lavorativa e al territorio di appartenenza nonché, con riferimento ai soggetti disabili, anche in base alla natura della menomazione e all’incidenza della stessa sull’allungamento dei tempi di apprendimento in relazione alle specifiche mansioni in cui vengono inseriti, e prevedendo altresì la eventuale corresponsione di un sussidio in un quadro di razionalizzazione delle misure di inserimento non costituenti rapporti di lavoro;

e) orientamento degli strumenti definiti ai sensi dei princìpi e dei criteri direttivi di cui alle lettere b), c) e d), nel senso di valorizzare l’inserimento o il reinserimento al lavoro delle donne, particolarmente di quelle uscite dal mercato del lavoro per l’adempimento di compiti familiari e che desiderino rientrarvi, al fine di superare il differenziale occupazionale tra uomini e donne;

f) semplificazione e snellimento delle procedure di riconoscimento e di attribuzione degli incentivi connessi ai contratti a contenuto formativo, tenendo conto del tasso di occupazione femminile e prevedendo anche criteri di automaticità;

g) rafforzamento dei meccanismi e degli strumenti di monitoraggio e di valutazione dei risultati conseguiti, anche in relazione all’impatto sui livelli di occupazione femminile e sul tasso di occupazione in generale, per effetto della ridefinizione degli interventi di cui al presente articolo da parte delle amministrazioni competenti e tenuto conto dei criteri che saranno determinati dai provvedimenti attuativi, in materia di mercato del lavoro, della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3;

h) sperimentazione di orientamenti, linee-guida e codici di comportamento, al fine di determinare i contenuti dell’attività formativa, concordati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e territoriale, anche all’interno di enti bilaterali, ovvero, in difetto di accordo, determinati con atti delle regioni, d’intesa con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali;

i) rinvio ai contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative, a livello nazionale, territoriale e aziendale, per la determinazione, anche all’interno degli enti bilaterali, delle modalità di attuazione dell’attività formativa in azienda.

Art. 3.

(Delega al Governo in materia di riforma della disciplina del lavoro a tempo parziale)

1. Il Governo è delegato ad adottare, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentito il Ministro per le pari opportunità, entro il termine di un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi, con esclusione dei rapporti di lavoro alle dipendenze di amministrazioni pubbliche, recanti norme per promuovere il ricorso a prestazioni di lavoro a tempo parziale, quale tipologia contrattuale idonea a favorire l’incremento del tasso di occupazione e, in particolare, del tasso di partecipazione delle donne, dei giovani e dei lavoratori con età superiore ai 55 anni, al mercato del lavoro, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) agevolazione del ricorso a prestazioni di lavoro supplementare nelle ipotesi di lavoro a tempo parziale cosiddetto orizzontale, nei casi e secondo le modalità previsti da contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative su scala nazionale o territoriale, anche sulla base del consenso del lavoratore interessato in carenza dei predetti contratti collettivi;

b) agevolazione del ricorso a forme flessibili ed elastiche di lavoro a tempo parziale nelle ipotesi di lavoro a tempo parziale cosiddetto verticale e misto, anche sulla base del consenso del lavoratore interessato in carenza dei contratti collettivi di cui alla lettera a), e comunque a fronte di una maggiorazione retributiva da riconoscere al lavoratore;

c) estensione delle forme flessibili ed elastiche anche ai contratti a tempo parziale a tempo determinato;

d) previsione di norme, anche di natura previdenziale, che agevolino l’utilizzo di contratti a tempo parziale da parte dei lavoratori anziani al fine di contribuire alla crescita dell’occupazione giovanile anche attraverso il ricorso a tale tipologia contrattuale;

e) abrogazione o integrazione di ogni disposizione in contrasto con l’obiettivo della incentivazione del lavoro a tempo parziale, fermo restando il rispetto dei princìpi e delle regole contenute nella direttiva 97/81/CE del Consiglio, del 15 dicembre 1997;

f) affermazione della computabilità pro rata temporis in proporzione dell’orario svolto dal lavoratore a tempo parziale, in relazione all’applicazione di tutte le norme legislative e clausole contrattuali a loro volta collegate alla dimensione aziendale intesa come numero dei dipendenti occupati in ogni unità produttiva;

g) integrale estensione al settore agricolo del lavoro a tempo parziale.

Art. 4.

(Delega al Governo in materia di disciplina delle tipologie di lavoro a chiamata, temporaneo, coordinato e continuativo, occasionale, accessorio e a prestazioni ripartite)

1. Il Governo è delegato ad adottare, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, entro il termine di un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi recanti disposizioni volte alla disciplina o alla razionalizzazione delle tipologie di lavoro a chiamata, temporaneo, coordinato e continuativo, occasionale, accessorio e a prestazioni ripartite, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) riconoscimento di una congrua indennità cosiddetta di disponibilità a favore del lavoratore che garantisca nei confronti del datore di lavoro la propria disponibilità allo svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo o intermittente, così come individuate dai contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative su scala nazionale o territoriale o, in via provvisoriamente sostitutiva, per decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, ed in ogni caso prevedendosi la possibilità di sperimentazione di detta tipologia contrattuale anche per prestazioni rese da soggetti in stato di disoccupazione con meno di 25 anni di età ovvero da lavoratori con più di 45 anni di età che siano stati espulsi dal ciclo produttivo in funzione di processi di riduzione o trasformazione di attività o di lavoro e iscritti alle liste di mobilità e di collocamento; eventuale non obbligatorietà per il prestatore di rispondere alla chiamata del datore di lavoro, non avendo quindi titolo a percepire la predetta indennità ma con diritto di godere di una retribuzione proporzionale al lavoro effettivamente svolto;

b) con riferimento alle prestazioni di lavoro temporaneo, completa estensione al settore agricolo del lavoro temporaneo tramite agenzia, con conseguente applicabilità degli oneri contributivi di questo settore;

1) ricorso alla forma del lavoro a tempo determinato di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, ovvero alla forma della fornitura di lavoro temporaneo di cui alla legge 24 giugno 1997, n. 196, anche per soddisfare le quote obbligatorie di assunzione di lavoratori disabili di cui alla legge 12 marzo 1999, n. 68, secondo il principio pro rata temporis;

2) completa estensione al settore agricolo del lavoro temporaneo tramite agenzia, con conseguente applicabilità degli oneri contributivi di questo settore;

c) con riferimento alle collaborazioni coordinate e continuative:

1) previsione della stipulazione dei relativi contratti mediante un atto scritto da cui risultino la durata, determinata o determinabile, della collaborazione, la riconducibilità di questa a uno o più progetti o programmi di lavoro o fasi di esso, resi con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione, nonché l’indicazione di un corrispettivo, che deve essere proporzionato alla qualità e quantità del lavoro;

2) differenziazione rispetto ai rapporti di lavoro meramente occasionali, intendendosi per tali i rapporti di durata complessiva non superiore a trenta giorni nel corso dell’anno solare con lo stesso committente, salvo che il compenso complessivo per lo svolgimento della prestazione sia superiore a 5.000 euro;

3) riconduzione della fattispecie a uno o più progetti o programmi di lavoro o fasi di esso;

4) previsione di tutele fondamentali a presidio della dignità e della sicurezza dei collaboratori, con particolare riferimento a maternità, malattia e infortunio, nonché alla sicurezza nei luoghi di lavoro, anche nel quadro di intese collettive;

5) previsione di un adeguato sistema sanzionatorio nei casi di inosservanza delle disposizioni di legge;

6) ricorso, ai sensi dell’articolo 5, ad adeguati meccanismi di certificazione della volontà delle parti contraenti;

d) ammissibilità di prestazioni di lavoro occasionale e accessorio, in generale e con particolare riferimento a opportunità di assistenza sociale, rese a favore di famiglie e di enti senza fini di lucro, da disoccupati di lungo periodo, altri soggetti a rischio di esclusione sociale o comunque non ancora entrati nel mercato del lavoro, ovvero in procinto di uscirne, regolarizzabili attraverso la tecnica di buoni corrispondenti a un certo ammontare di attività lavorativa, ricorrendo, ai sensi dell’articolo 5, ad adeguati meccanismi di certificazione;

e) ammissibilità di prestazioni ripartite fra due o più lavoratori, obbligati in solido nei confronti di un datore di lavoro, per l’esecuzione di un’unica prestazione lavorativa.

f) configurazione specifica come prestazioni che esulano dal mercato del lavoro e dagli obblighi connessi delle prestazioni svolte in modo occasionale o ricorrente di breve periodo, a titolo di aiuto, mutuo aiuto, obbligazione morale senza corresponsione di compensi, salve le spese di mantenimento e di esecuzione dei lavori, e con particolare riguardo alle attività agricole.

Art. 5.

(Delega al Governo in materia di certificazione dei rapporti di lavoro)

1. Al fine di ridurre il contenzioso in materia di qualificazione dei rapporti di lavoro, con esclusione dei rapporti di lavoro alle dipendenze di amministrazioni pubbliche, il Governo è delegato ad adottare, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, entro il termine di un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi recanti disposizioni in materia di certificazione del relativo contratto stipulato tra le parti, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) carattere volontario e sperimentale della procedura di certificazione;

b) individuazione dell’organo preposto alla certificazione del rapporto di lavoro in enti bilaterali costituiti a iniziativa di associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative, ovvero presso strutture pubbliche aventi competenze in materia, o anche università;

c) definizione delle modalità di organizzazione delle sedi di certificazione e di tenuta della relativa documentazione;

d) indicazione del contenuto e della procedura di certificazione;

e) attribuzione di piena forza legale al contratto certificato ai sensi della procedura di cui alla lettera d), con esclusione della possibilità di ricorso in giudizio se non in caso di erronea qualificazione del programma negoziale da parte dell’organo preposto alla certificazione e di difformità tra il programma negoziale effettivamente realizzato dalle parti e il programma negoziale concordato dalle parti in sede di certificazione;

f) previsione di espletare il tentativo obbligatorio di conciliazione previsto dall’articolo 410 del codice di procedura civile innanzi all’organo preposto alla certificazione quando si intenda impugnare l’erronea qualificazione dello stesso o la difformità tra il programma negoziale certificato e la sua successiva attuazione, prevedendo che gli effetti dell’accertamento svolto dall’organo preposto alla certificazione permangano fino al momento in cui venga provata l’erronea qualificazione del programma negoziale o la difformità tra il programma negoziale concordato dalle parti in sede di certificazione e il programma attuato. In caso di ricorso in giudizio, introduzione dell’obbligo in capo all’autorità giudiziaria competente di accertare anche le dichiarazioni e il comportamento tenuto dalle parti davanti all’organo preposto alla certificazione del contratto di lavoro;

g) attribuzione agli enti bilaterali della competenza a certificare non solo la qualificazione del contratto di lavoro e il programma negoziale concordato dalle parti, ma anche le rinunzie e transazioni di cui all’articolo 2113 del codice civile a conferma della volontà abdicativa o transattiva delle parti stesse;

h) estensione della procedura di certificazione all’atto di deposito del regolamento interno riguardante la tipologia dei rapporti attuati da una cooperativa ai sensi dell’articolo 6 della legge 3 aprile 2001, n. 142, e successive modificazioni;

i) verifica dell’attuazione delle disposizioni, dopo ventiquattro mesi dalla data della loro entrata in vigore, da parte del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentite le organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

Art. 6.

(Esclusione)

1. Le disposizioni degli articoli da 1 a 5 non si applicano al personale delle pubbliche amministrazioni ove non siano espressamente richiamate.

Art. 7.

(Disposizioni concernenti l’esercizio delle deleghe di cui agli articoli da 1 a 5)

1. Gli schemi dei decreti legislativi di cui agli articoli da 1 a 5, deliberati dal Consiglio dei ministri e corredati da una apposita relazione cui è allegato il parere della Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sentite le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative dei datori e prestatori di lavoro, sono trasmessi alle Camere per l’espressione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari permanenti entro la scadenza del termine previsto per l’esercizio della relativa delega.

2. In caso di mancato rispetto del termine per la trasmissione, il Governo decade dall’esercizio della delega. Le competenti Commissioni parlamentari esprimono il parere entro trenta giorni dalla data di trasmissione. Qualora il termine per l’espressione del parere decorra inutilmente, i decreti legislativi possono essere comunque adottati.

3. Qualora il termine previsto per il parere delle Commissioni parlamentari scada nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine per l’esercizio della delega o successivamente, quest’ultimo è prorogato di sessanta giorni.

4. Entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 1, il Governo può adottare eventuali disposizioni modificative e correttive con le medesime modalità e nel rispetto dei medesimi criteri e princìpi direttivi.

5. Dall’attuazione delle disposizioni degli articoli da 1 a 5 non devono derivare oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato.

Art. 8.

(Delega al Governo per la razionalizzazione delle funzioni ispettive in materia di previdenza sociale e di lavoro)

1. Allo scopo di definire un sistema organico e coerente di tutela del lavoro con interventi omogenei, il Governo è delegato ad adottare, nel rispetto delle competenze affidate alle regioni, su proposta del Ministro del lavoro delle politiche sociali ed entro il termine di un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per il riassetto della disciplina vigente sulle ispezioni in materia di previdenza sociale e di lavoro, nonché per la definizione di un quadro regolatorio finalizzato alla prevenzione delle controversie individuali di lavoro in sede conciliativa, ispirato a criteri di equità ed efficienza.

2. La delega di cui al comma 1 è esercitata nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) improntare il sistema delle ispezioni alla prevenzione e promozione dell’osservanza della disciplina degli obblighi previdenziali, del rapporto di lavoro, del trattamento economico e normativo minimo e dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, anche valorizzando l’attività di consulenza degli ispettori nei confronti dei destinatari della citata disciplina;

b) definizione di un raccordo efficace fra la funzione di ispezione del lavoro e quella di conciliazione delle controversie individuali;

c) ridefinizione dell’istituto della prescrizione e diffida propri della direzione provinciale del lavoro;

d) semplificazione dei procedimenti sanzionatori amministrativi e possibilità di ricorrere alla direzione regionale del lavoro;

e) semplificazione della procedura per la soddisfazione dei crediti di lavoro correlata alla promozione di soluzioni conciliative in sede pubblica;

f) riorganizzazione dell’attività ispettiva del Ministero del lavoro e delle politiche sociali in materia di previdenza sociale e di lavoro con l’istituzione di una direzione generale con compiti di direzione e coordinamento delle strutture periferiche del Ministero ai fini dell’esercizio unitario della predetta funzione ispettiva, tenendo altresì conto della specifica funzione di polizia giudiziaria dell’ispettore del lavoro;

g) razionalizzazione degli interventi ispettivi di tutti gli organi di vigilanza, compresi quelli degli istituti previdenziali, con attribuzione della direzione e del coordinamento operativo alle direzioni regionali e provinciali del lavoro sulla base delle direttive adottate dalla direzione generale di cui alla lettera f).

3. Gli schemi dei decreti legislativi di cui al comma 1 sono trasmessi alle Camere per l’espressione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari permanenti entro la scadenza del termine previsto per l’esercizio della delega. Le competenti Commissioni parlamentari esprimono il parere entro trenta giorni dalla data di trasmissione. Qualora il termine per l’espressione del parere decorra inutilmente, i decreti legislativi possono essere comunque adottati.

4. Qualora il termine previsto per il parere delle Commissioni parlamentari scada nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine per l’esercizio della delega o successivamente, quest’ultimo è prorogato di sessanta giorni.

5. Entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 1, il Governo può emanare eventuali disposizioni modificative e correttive con le medesime modalità di cui ai commi 3 e 4, attenendosi ai princìpi e ai criteri direttivi indicati al comma 2.

6. L’attuazione della delega di cui al presente articolo non deve comportare oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica.

Art. 9.

(Modifiche alla legge 3 aprile 2001, n. 142)

1. Alla legge 3 aprile 2001, n. 142, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 1, comma 3, primo periodo, le parole: «e distinto» sono soppresse;

b) all’articolo 2, comma 1, dopo il primo periodo, è inserito il seguente: «L’esercizio dei diritti di cui al titolo III della citata legge n. 300 del 1970 trova applicazione compatibilmente con lo stato di socio lavoratore, secondo quanto determinato da accordi collettivi tra associazioni nazionali del movimento cooperativo e organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente più rappresentative»;

c) all’articolo 3, dopo il comma 2, è aggiunto il seguente:

«2-bis. In deroga alle disposizioni di cui al comma 1, le cooperative della piccola pesca di cui alla legge 13 marzo 1958, n. 250, possono corrispondere ai propri soci lavoratori un compenso proporzionato all’entità del pescato, secondo criteri e parametri stabiliti dal regolamento interno previsto dall’articolo 6»;

d) all’articolo 5, il comma 2 è sostituito dal seguente:

«2. Il rapporto di lavoro si estingue con il recesso o l’esclusione del socio deliberati nel rispetto delle previsioni statutarie e in conformità con gli articoli 2526 e 2527 del codice civile. Le controversie tra socio e cooperativa relative alla prestazione mutualistica sono di competenza del tribunale ordinario»;

e) all’articolo 6, comma 1, le parole: «Entro nove mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge» sono sostituite dalle seguenti: «Entro il 31 dicembre 2003»;

f) all’articolo 6, comma 2, dopo le parole: «del comma 1», sono inserite le seguenti: «nonchè all’articolo 3, comma 2-bis» e le parole: «ai trattamenti retributivi ed alle condizioni di lavoro previsti dai contratti collettivi nazionali di cui all’articolo 3» sono sostituite dalle seguenti: «al solo trattamento economico minimo di cui all’articolo 3, comma 1»;

g) all’articolo 6 è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«2-bis. Le cooperative di cui all’articolo 1, comma 1, lettera b), della legge 8 novembre 1991, n. 381, possono definire accordi territoriali con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative per rendere compatibile l’applicazione del contratto collettivo di lavoro nazionale di riferimento all’attività svolta. Tale accordo deve essere depositato presso la direzione provinciale del lavoro competente per territorio».

Art. 10.

(Modifica dell’articolo 3 del decreto-legge 22 marzo 1993, n. 71)

1. L’articolo 3 del decreto-legge 22 marzo 1993, n. 71, convertito dalla legge 20 maggio 1993, n. 151, è sostituito dal seguente:

«Art. 3. - (Benefici alle imprese artigiane, commerciali e del turismo). – 1. Per le imprese artigiane, commerciali e del turismo rientranti nella sfera di applicazione degli accordi e contratti collettivi nazionali, regionali e territoriali o aziendali, laddove sottoscritti, il riconoscimento di benefici normativi e contributivi è subordinato all’integrale rispetto degli accordi e contratti citati, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale».