DEL DIRITTO ALLA CARRIERA

SOTTOTITOLO: ESISTE ANCORA?

Il diritto alla progressione della  Carriera , veniva garantito nel precedente ordinamento attraverso il meccanismo delle promozioni, che avvenivano secondo due distinte metodiche: per titoli e per esami.

Successivamente all’abolizione delle Carriere, il sistema delle promozioni è stato soppresso e alla qualifica superiore poteva accedersi solo mediante  concorso pubblico (vedi art. 7 l. 312/80). Questo che cosa comportava? Che il dipendente che aspirava ad un miglioramento della propria carriera, non aveva altro mezzo se non quello del pubblico concorso.

Successivamente, per il comparto Enti Locali, la L. 15/5/97 n.17, ha permesso ai Comuni ed alle Province di bandire concorsi riservati al personale dipendente in relazione a profili caratterizzati da una professionalità acqisita esclusivamente all’interno dell’Ente.

Prima di questo, l’art. 3 della legge 28/12/95, consentiva al personale di qualifica inferiore dell’Amministrazione Finanziariaria, di accedere alla qualifica superiore, mediante la partecipazione ad un corso di riqualificazione, preceduto da una pre-selezione, e terminante in un esame finale.    

La Corte Costituzionale, per  ben  tre volte, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di questa norma, sia pure modificata.

Sarebbe in contrasto ai sensi dell’art.3 e 51 Cost. (principio di uguaglianza: vi sarebbe disparità tra chi è già alle dipendenze della P.A. e chi non lo è); e 97 Cost. (principio del buon andamento della P.A. e principio dell’accesso attraverso il pubblico concorso).

Ma non eravamo in presenza di una privatizzazione del rapporto di Pubblico Impiego? Evidentemente  è una privatizzazione che opera solo a senso unico: quando è a vantaggio del lavoratore non opera mai ( vedi esercizio di mansioni superiori; vedi invalidità del contratto di lavoro e sua irrilevanza ai danni del lavoratore privato; vedi violazione delle norme sul collocamento e conseguente trasformazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato per il solo lavoratore privato) questo per un sistema derogatorio che la Corte Costituzionale, anche se non è stata chiamata in causa  ancora direttamente, si guarda bene dal mettere in discussione.

Quello che qui si vuole dire è che se vengono invocati diritti costituzionali a tutela del principio del buon andamento e dell’imparzialità della P.A., gli stessi principi non vengono richiamati, neppure discorsivamente, per mettere in discussione la costituzionalità di tutto l’impianto di privatizzazione del rapporto di pubblico impiego così come si è delineato in quest’ultimo decennio.

Costa così tanto coraggio la coerenza?

Intanto i nuovi contratti collettivi di lavoro 1998/2001, dopo avere abolito le qualifiche ed avere introdotto il sistema delle aree e delle posizioni economiche al loro interno, hanno disciplinato  un sistema di progressione interna del tutto simile a quello disciplinata per legge e successivamente censurata dalla Corte Costituzionale.

Si pone pertanto il problema del destino che subiranno i corsi di riqualificazione già instaurati presso il nostro Ministero, non ancora sospesi.

Prima della sentenza della Corte Costituzionale, l’unico criterio cui il giudice del lavoro era vincolato consisteva nella coerenza tra il contratto integrativo (che disciplina appunto la modalità della riqualificazione) ed il CCNL . Ma da oggi?

Da oggi ci sono anche i principi enunciati nella sentenza della corte costituzionale: è infatti impensabile che un successivo contratto integrativo che modifichi il precedente, e che tenga conto dei più significativi rilievi mossi dai vari giudici del lavoro, non debba anche essere coerente con i principi enunciati nella sentenza del Giudice delle Leggi. Se ciò non avvenisse sarebbe fortemente probabile che il Giudice del lavoro possa rimettere gli atti alla Corte costituzionale, in presenza di violazione di una norma pattizzia agli stessi principi costituzionali già richiamati.Ma se si va davanti alla Corte Costituzionale non se ne esce: In primo luogo la progressione verticale dovrà riguardare una percentuale di posti disponibili per i candidati provenienti dall’esterno che superi in larga misura la soglia del 30%, già dichiarata inidonea; in secondo luogo tale progressione non potrà riguardare le posizioni iniziali; infine, mentre l’anzianità di servizio non potrà avere un peso eccessivo, dovranno essere valutati in maniera adeguata quegli elementi “storici” idonei a giustificare una disparità di trattamento tra dipendente in servizio e candidato esterno, quali svolgimento di mansioni superiori, profitto tratto da corsi, pubblicazioni scientifiche.Insomma per questa strada non se ne esce.

D’altra parte (le buone notizie non vengono mai sole) sta per vedere la luce un disegno di legge che disciplina l’istituzione di un’apposita area della vice dirigenza in cui verrà ricompreso il personale appartenente alle posizioni economiche C2 e C3, le cui modalità saranno disciplinate dalla contrattazione collettiva del comparto Ministeri.

Con questo il cerchio si chiude: dove arriva il contratto arriva il giudice, dove arriva la legge arriva la Corte Costituzionale, dove non arriva il contratto arriva di nuovo la legge, ma per tutti c’è sempre e solo un unico soggetto che paga: il lavoratore.

Il lavoratore paga sempre: paga quando a sbagliare sono i sindacati che firmano contratti dichiarati illegittimi; paga quando a sbagliare è il legislatore che fa leggi dichiarate incostituzionali; paga quando il legislatore, attraverso un sistema derogatorio che non ha precedenti nell’occidente, dispone per il pubblico dipendente un sistema di garanzie fortemente penalizzante rispetto a quanto previsto per la generalità dei lavoratore.  

A questo punto non rimane che una strada da percorrere ed  è la strada maestra, la più coraggiosa.

Bisogna riformulare l’ordinamento professionale sulla base di una articolazione in non più di quattro livelli retributivi: è la scelta più coraggiosa, ma è quella più coerente con il sistema organizzatorio in atto negli uffici giudiziari, ma, soprattutto è quanto la nostra O.S. ha sempre rivendicato.

Rdb_PI Giustizia