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       26.3.04.
      Si allega documento elaborato nel settembre 2002 per commentare il furto
      che la finanziaria stava compiendo sulla RIA. Furto che spazzò via, in un
      colpo solo, migliaia di ricorsi dei dipendenti ministeriali. Coordinamento Nazionale RdB/CUB PI Interni   RIA
      ADDIO Ancora una ordinanza della Corte
      Costituzionale colpisce profondamente le aspettative dei lavoratori
      pubblici.  Infatti, con l’ordinanza n. 263
      del 17 giugno 2002, l’autorevole Corte Costituzionale ha dichiarato la
      “manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale
      dell’art. 51, comma 3, della legge 23 dicembre 2000 n. 388 (Disposizioni
      per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge
      finanziaria 2001) sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24, 35, secondo
      comma, 36, primo comma, 97, 101, 102, 103, 104, 108 e 113 della
      Costituzione, dal Tribunale di Parma e dal Tribunale Amministrativo
      Regionale del Lazio, sezione I”. E’ bene ricordare, che secondo
      i giudici rimettenti, la norma censurata, nella parte in cui dispone che
      l’art. 7, comma 1, del d.l. n. 384 del 1992, “si interpreta nel senso
      che la proroga al 31.12.1993 della disciplina emanata sulla base degli
      accordi di comparto di cui alla legge 29.3.19983 n. 93, relativi al
      triennio 1.1.88 – 31.12.1990, non modifica la data del 31.12.1990, già
      stabilita per la maturazione delle anzianità di servizio prescritte ai
      fini delle maggiorazioni della retribuzione individuale di anzianità”,
      avrebbe imposto un’interpretazione che avrebbe vanificato il diritto
      all’incremento stipendiale a titolo di retribuzione individuale di
      anzianità maturata successivamente al 1990, ponendosi così in contrasto
      con i principi di ragionevolezza, di eguaglianza e di tutela
      dell’affidamento, oltre ad una interferenza di dubbia ammissibilità
      rispetto all’esplicazione della funzione giurisprudenziale e al diritto
      di agire e difendersi in giudizio, influendo sull’esito dei processi in
      corso, in pregiudizio della funzione giurisprudenziale.  Inoltre, ad avviso del Tribunale
      di Parma, l’art. 51, comma 3, della legge n. 388 del 2000 (legge
      finanziaria 2001) “realizzerebbe una ingiustificata disparità di
      trattamento in danno di coloro i quali, benché abbiano proposto domanda
      giudiziale, non hanno ancora ottenuto una sentenza, violando, non
      ragionevolmente, il diritto alla tutela giurisdizionale (artt. 3 e 24
      della Costituzione), sopprimendo altresì il diritto dell’interessato,
      anche per il caso di fondatezza della domanda, a vedersi tenuto indenne
      dal pagamento delle spese processuali”.  Infine, sempre secondo il
      Tribunale di Parma, la norma impugnata, vietando la corresponsione
      dell’aumento di stipendio riferito all’anzianità di servizio,
      violerebbe gli artt. 35, secondo comma, e 36, primo comma della
      Costituzione, dal momento che influirebbe sulla proporzionalità della
      retribuzione rispetto alla qualità del lavoro svolto, impedendo
      l’elevazione professionale dei lavoratori.  La Corte Costituzionale, nei
      motivi della predetta ordinanza n. 263 ha dichiarato, invece, sotto ogni
      profilo, manifestamente infondata la questione di legittimità
      costituzionale sollevata.  In questo contesto
      giurisprudenziale, l’unica strada valida da percorrere è quella della
      mobilitazione e della lotta dei lavoratori del pubblico impiego proprio
      nel momento del rinnovo contrattuale.  Articolare iniziative di lotta,
      partecipare alle future mobilitazioni, fino allo sciopero generale, rimane
      l’unica e la sola via da intraprendere.   Roma, 17 settembre 2002   Coordinamento Nazionale RdB-PI Ministero Economia e Finanze  |