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                  Numerosi 
                  colleghi ci hanno chiesto chiarimenti in merito alla 
                  tassazione dei buoni pasto, alla luce della rideterminazione 
                  del valore nominale a 7,00 euro, prevista dalla recente 
                  ipotesi d'accordo sul rinnovo contrattuale del biennio 
                  economico - comparto ministeri - 2004/2005 (art. 4 comma 1). 
                  In base all'articolo 51, comma 2, lettera c) del testo unico 
                  sulle imposte dirette, non concorrono alla formazione del 
                  reddito di lavoro dipendente "le 
                  somministrazioni di vitto da parte del datore di lavoro, 
                  nonché quelle in mense organizzate direttamente dal datore di 
                  lavoro o gestite da terzi, o, fino all'importo complessivo 
                  giornaliero di lire 10.240 (euro 5,29) le prestazioni e le 
                  indennità sostitutive corrisposte agli addetti ai cantieri 
                  edili, ed ad altre strutture lavorative a carattere temporaneo 
                  o ad unità produttive ubicate in zone dove manchino strutture 
                  o servizi di ristorazione". Rientrano, tra le 
                  prestazioni sostitutive del servizio di mensa, i
                  buoni pasto che sono esclusi dal reddito di lavoro dipendente nei 
                  limiti sopra indicati; i buoni pasto 
                  infatti secondo l'Amministrazione finanziaria consentono ai 
                  dipendenti di fruire di somministrazione di alimenti e 
                  bevande, nonché della cessione di prodotti di gastronomia 
                  pronti per il consumo immediato. L'articolo 4 del decreto 
                  legislativo 23 marzo 1998, n. 56, che ha modificato l'articolo 
                  51 del testo unico sulle imposte dirette, disciplina il 
                  trattamento fiscale delle somme (indennità) erogate ai 
                  dipendenti in sostituzione della somministrazione del vitto e 
                  del servizio di mensa. Tali somme non concorrono a formare il 
                  reddito di lavoro dipendente fino ad un importo complessivo 
                  giornaliero di euro 5,29 soltanto se corrisposte agli addetti 
                  ai cantieri edili ed altre strutture lavorative a carattere 
                  temporaneo o ad unità produttive ubicate in zone ove manchino 
                  strutture o servizi di ristorazione. 
                  Riassumendo, quindi, mentre le prestazioni sostitutive del 
                  servizio mensa e della somministrazione del vitto, consistenti 
                  nella forniture dei cosiddetti "buoni pasto ", sono sempre 
                  escluse dalla tassazione fino ad un importo di euro 5,29 le 
                  indennità di mensa fruiscono della citata soglia di esclusione 
                  dalla formazione del reddito soltanto se attribuite agli 
                  addetti ai cantieri edili, nonché agli addetti ad altre 
                  strutture lavorative a carattere temporaneo o ad unità 
                  produttive ubicate in zone ove manchino strutture o servizi di 
                  ristorazione. Relativamente al discorso dell'assenza 
                  della pausa di lavoro ,
                  
                  l'Agenzia delle Entrate con la circolare n. 153/E del 15 
                  dicembre 2004 ha affermato che, poiché il dipendente 
                  fruisce del servizio mensa per il fatto che deve rispettare un 
                  orario di lavoro comprensivo anche della pausa pranzo, 
                  l'indennità sostitutiva di mensa per i buoni pasto, deve avere 
                  come condizione, perché la norma di esenzione IRPEF sia 
                  legittima, che vi sia una pausa per il vitto. 
                  
                  
                  Diversamente, ove l’orario di lavoro non preveda la fruizione 
                  della pausa pranzo, i buoni pasto eventualmente corrisposti da 
                  parte del datore di lavoro, non essendo destinati a realizzare 
                  una prestazione sostitutiva del servizio di vitto, 
                  concorreranno alla determinazione del reddito di lavoro 
                  dipendente e della base imponibile contributiva, al pari degli 
                  altri compensi in natura percepiti. 
                  
                  Pertanto 
                  devono essere trattati da un punto di vista tributario come 
                  compensi in natura percepiti, rilevando inoltre anche ai fini 
                  previdenziali. Ciò nel rispetto del 
                  principio di onnicomprensività che caratterizza il reddito di 
                  lavoro dipendente. 
                  
                  La natura, 
                  quindi, dei buoni pasto corrisposti ai dipendenti deve essere 
                  determinata, ai fini del corretto trattamento fiscale, in 
                  relazione al rapporto di lavoro ed in particolare alla 
                  possibilità di fruire della pausa pranzo. Quindi, qualora 
                  l’articolazione del lavoro non preveda la pausa pranzo, i 
                  buoni pasto diventano un compenso in natura per i dipendenti.In 
                  questo caso, infatti, proprio in considerazione della 
                  particolarità dell’orario, non c’è più la necessità di 
                  assicurare una prestazione sostitutiva del servizio di mensa.I 
                  buoni concessi in uso ai dipendenti non presentano allora la 
                  natura di prestazione sostitutiva e, conseguentemente, non 
                  godono più dell’esenzione fiscale prevista nell’art. 51, comma 
                  2, lett. c), (già art. 48, comma 2, lett. c), del T.U.I.R. 
                  che, si ricorda, vale fino alla concorrenza dell’importo 
                  complessivo giornaliero di euro 5,29. 
                  
                  
                  Alla luce di quanto sopra esposto, solo l'importo superiore a 
                  5,29 euro è sottoposto a tassazione. 
                  
                  
                  Nel nostro caso specifico, quindi, la quota in oggetto ammonta 
                  a 1,71 euro (7,00 - 5,29). 
                  
                  
                  L'imposta (reddito e contributi) su quest'ultimo importo è 
                  mediamente del 36% pari a 0,62 centesimi di euro (1,71 x 36%). 
                  Pertanto, 
                  il valore netto del buono pasto ammonta ad euro 6,38 (5,29 + 
                  1,09) con una rivalutazione pari ad euro 1,73 (6,38 - 
                  4,65).    
                                                                                         
                  RdB Tesoro      
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