Lunedì 15 aprile 2002

Il SACCO BUCATO n. 5/2002

SOMMARIO

1. Bipartisan? Il senso delle proporzioni. / 2. Verrà il 17 aprile… / 3. Lo sciopero del 16 aprile nelle Finanze
 /
4. Convenzioni. Una precisazione dovuta. / 5. Decentramento. La bomba atomica / 6. Decentramento. Il 17 aprile
riunione dell’Osservatorio / 7. Demanio Servizi SPA. Un piano di lotta /
8. Entrate. Call center. Un passo avanti ma solo
a chiacchiere e con oltre due anni di ritardo. /
9. Entrate. Mobilità incentivata. Soluzioni diverse a problemi diversi

1. Bipartisan? Il senso delle proporzioni.

 L’intero Israele (territori occupati e non) è grande poco più della Puglia. I palestinesi 
sono meno di tre milioni. Potrebbe venirci il dubbio che qualcuno abbia ragione 
quando afferma che tra di loro si annidano 4/5 mila terribili terroristi da scovare e 
sopprimere, e che per fare questa cosa deve radere al suolo città intere da 
20/30mila abitanti. Se rapportiamo, però, questo dato alla nostra realtà, 
sarebbe come se qualcuno in Italia, dove ci sono 56 milioni di abitanti, dicesse
che ci sono oltre un milione di terroristi e radesse al suolo città come Milano 
o Napoli per scovarli. Non vi pare che ci sia qualcosa che stona? 
Non diciamo che gli israeliani non hanno il diritto di vivere in pace. 
O che non sia terribile l’atto di uccidere, facendosi saltare in aria, decine di civili. 
Non è però accettabile la posizione secondo cui la reazione degli israeliani è un po’ 
eccessiva, ma vanno capiti… con quello che fanno i terroristi…  
Ma è proprio dagli esecrabili atti suicidi che bisogna partire nell’analisi. 
Proprio perché ci sono così tanti “terroristi”, pronti a compiere un atto inimmaginabile, a sacrificare la propria vita per un’idea 
(che qui non ci interessa giudicare) sorgono spontanee alcune domande. 
Perché non sorge il dubbio che persone disposte ad atti così disperati potrebbero pensare di avere un buon motivo? 
Perché non si cerca di capire il loro motivo? Di giudicarlo attentamente? Di discuterlo? Di trovare una soluzione? 
Forse perché sono deboli e poveri e le loro opinioni non interessano strategicamente all’economia globale, al punto di obbligarli, 
in massa, a crimini inaccettabili verso se e gli altri? Vogliamo che queste domande trovino una risposta. 
E che la trovino nella coscienza di ognuno. Un sindacato ha, costituzionalmente, il dovere di difendere, e di schierarsi, con il più debole.
C’è chi usa pietre, atti disperati e ha un reddito di 800 dollari procapite l’anno. C’è chi usa carri armati, atti di rappresaglia ed ha 
un reddito di 15.000 dollari pro­capite l’anno. Chie­diamo a voi. Chi è il più debole?

 
Gilgamesh
2. Verrà il 17 aprile…

Nonostante alcune schegge impazzite, qua e là, preferiscano continuare la loro battaglia fatta di enunciazioni di proclami e di difesa di, 
individuali, fortini, il sindacalismo di base sta co­struendo la sua unità. Questo è il primo grande risultato che, comunque vada, 
abbiamo già ottenuto con lo sciopero gene­rale del 16 aprile che segue la straordinaria mobilitazione del 15 febbraio. E’ chiaro, 
crediamo, agli occhi di tutti che la battaglia sull’articolo 18, oltre ad essere una battaglia di civiltà è, e deve essere, uno spartiacque 
chiaro. Anche in questo caso, come, ricordavamo nell’articolo precedente, esistono due parti in lotta. E’ una lotta diversa, ma, che, 
con gli incidenti sul lavoro, ad esempio, non è inferiore neppure nel numero dei morti. Una volta si sarebbe detto che era una lotta tra 
lavoratori o padroni, o, attardandosi ancora in terminologie marxiste, tra proletariato e capitale. 
Oggi, pur sostenendo che tale analisi continua a mantenere la sua freschezza, forse è il caso di dire che la lotta è tra i diritti e il profitto. 

Uno stato civile, anzi, visto che siamo in globalizzazione, un mondo civile deve garantire i diritti a tutti. Invece oggi c’è la corsa a 
garantire i profitti a pochi.

Per cui, se si decide di licenziare, è importante che il prodotto interno lordo salga, non tanto che i licenziati muoiono di fame. Per questo 
è in accetta­bile la modifica dell’art.18 e le modifiche al mondo del lavoro contenute nel libro bianco. Per questo è necessaria la tutela 
di una cultura che sia diritto di tutti, non solo di chi ha più profitto, e non solo finalizzata alla trasformazione degli individui in macchine 
da profitto sociale. Per questo è inaccettabile una riforma fiscale che aumenta gli oneri a chi guadagna poco e li defalca 
– abbondantemente - a chi guadagna molto. Per questo non è accettabile che le pensioni siano un fatto privatistico, per cui, 
se qualcuno non è stato bravo ad investire (o fortunato, visto che spesso l’esito degli investimenti discende da logiche di profitto altrui), 
poi, può anche crepare. Non ci siamo? Ci arriveremo!

Per il diritto al lavoro, alla pensione, allo studio, alla sanità, ad uno stato che fornisca i servizi a chi non può permetter­
seli finanziandoli con i soldi di chi può. Per il diritto di essere cittadini martedì 16 aprile tutti dovranno incrociare le braccia.

Ma noi, con il resto del sindacalismo di base, vogliamo cominciare dal 16 aprile, non solo a costruire un argine, ma a rilan­
ciare sulla questione di diritti. Ad esempio, per allargare l’applicazione dell’articolo 18 anche alle aziende con meno di 15 dipendenti. 
Su questo terreno però, oggi, non ci troviamo a fianco CGIL-CISL-UIL. Per questo lo sciopero, pur nello stesso giorno, è separato. 

Verrà il 17 aprile. Il sindacalismo di base sarà ancora più unito su questo percorso. Quello che temiamo, pur sperando di es­
sere smentiti, è che dal 17 aprile, tutto il resto del sindacalismo, cercherà nuovamente di sedersi al tavolo negoziale con la stessa 
logica con cui lo ha fatto negli ultimi dieci anni. La partecipazione allo sciopero e alle manifestazioni del sindacalismo di base deve 
essere un segnale forte per tutti: i diritti non basta difenderli. Si conquistano.

3. Lo sciopero del 16 aprile nelle Finanze

Proprio per questo motivo, alle Finanze, lo sciopero assume una connotazione ancora più forte. Come da tempo affer­
miamo, l’incertezza per lavoratrici e lavoratori - ma anche per il servizio ai cittadini – determinata dai passaggi contrattuali/legislativi 
degli ultimi dieci anni, è sempre più forte.

Non diciamo cose nuove quando rileviamo la privatizzazione del servizio nascosta in operazioni come la costituzione della 
Demanio Servizi SpA e dietro lo schizofrenico andamento del processo di decentramento del Territorio; oppure lo sfrutta­
mento professionale che, comunque, si attua negli uffici unici di Entrate e Dogane, in cui a tutti viene richiesto di fare tutto ri­
conoscendo al massimo qualche indennità; oppure le mobilità, prima incentivate e poi forzate che si stanno sviluppando a se­
guito dei processi riorganizzativi e di “riforma”… E’ arrivato il momento di fermare tutto questo. Lo sciopero del 16 febbraio 
deve affermare con forza che le scelte scellerate di questi ultimi anni vanno riviste e che bisogna rimettere la macchina fiscale 
al centro del sistema Italia, non come azienda di cui far quadrare i bilanci, ma come lo strumento primario per garantire 
l’intervento dello stato sociale.
4. Convenzioni: urge una precisazione
Nello scorso numero del nostro notiziario abbiamo dedicato alcuni articoli alla questione delle convenzioni. 
Abbiamo detto che abbiamo sottoscritto il documento che le definiva e, nel complesso pensavamo si fossero capite, 
le nostre motivazioni. Qualcuno, invece, forse perché non ha letto interamente gli articoli, o forse perché, effettivamente 
ci siamo spiegati male, ci ha chiesto ulteriori spiegazioni, che volentieri forniamo (cercando di essere più chiari possibile). 
Le RdB hanno valutato che le motivazioni della loro contrarietà alla riforma delle Agenzie Fiscali, non solo non sono venute meno, 
ma stanno, divenendo fatti concreti, condizionando, in negativo, scelte e condizioni di lavoro. Detto questo ci siamo sentiti obbligati, 
nel rispetto della fiducia che lavoratrici e lavoratori ci hanno dimostrato in moltis­sime occasioni, a cercare un sistema per 
combattere con forza gli effetti aberranti di tale riforma. E’ chiaro che, senza costruire le condizioni per una modifica complessiva, 
ogni posizione sarebbe velleitaria. 
La costruzione di tali condizioni (al momento ancora insufficienti) passa per una presa di coscienza forte, da parte di tutte le 
lavoratrici ed i lavoratori che la riforma, almeno nei suoi effetti, è da rivedere e correggere. Conseguenza di questo sono: 
a) una crescita numerica della nostra organizzazione. Iscrizioni con cui lavoratrici e lavoratori possono appoggiare 
concretamente le nostre proposte; b) una pressione di lavoratrici e lavoratori verso tutte le altre organizzazioni sinda­
cali affinché cambino la loro posizione.
Il testo del documento sulle convenzioni, pur se insufficiente, dimostra che, per la prima volta, le RdB non sono le sole a sol­
levare i problemi che pur esistono da tempo.
Se si tratta di un bluff o di una reale presa d’atto della bontà delle nostre analisi lo scopriremo solo giocando la partita 
fino in fondo… e solo giocandola potremmo condizionare il gioco.

Del resto, nella nostra nota a verbale, abbiamo specificato che non concordavamo sui punti di accordo e che 
non eravamo soddisfatti delle spiegazioni fornite dall’Amministrazione sulle problematiche sollevate. In sostanza, 
abbiamo concordato che esistono problemi, l’aspetto importante della questione è che, finalmente, anche altri sono 
stati obbligati a togliersi le fette di prosciutto dagli occhi. E per noi, e per le lavoratrici ed i lavoratori, questo, è un primo importante 
passo verso quella presa di coscienza di cui abbiamo parlato poc’anzi. Ora, state certi, per ognuna delle questioni in ballo 
chiederemo conto e dovranno darvi una risposta.

5. Decentramento. La bomba atomica

 Una delle questioni più controverse è quella del decentramento dei catasti. Molto abbiamo detto, ma, ci pare, qualcosa 
ci sia ancora da chiarire. Infatti, un paio di giorni fa, le RdB, e le altre Organizzazioni sindacali, sono state invitate a Firenze, ad un in­
contro con le RSU e alcuni rappresentanti sindacali di diversi uffici dei catasti. Nell’incontro sono emerse alcune cose interessanti. 
Per quanto ci riguarda, abbiamo sentito la necessità di chiarire meglio la nostra posizione, che, ci era parso, alcuni avessero 
interpretato, non sappiamo quanto in buona fede, come massimalista ed oltranzista.

Le Rappresentanze sindacali di base sono contrarie ai processi di decentramento se questi diventano frammentazione 
della gestione di questioni su cui la centralità è l’unico modo per garantire l’equità. Le Rappresentanze sindacali di base sono 
contrarie al decentramento dei catasti, perché ha tutte le caratteristiche di incertezza e iniquità che da anni denunciamo. 

Detto questo, come dicevamo anche nell’articolo precedente, non disdegniamo di entrare nel merito delle questioni, per riu­
scire ad ottenere, se non riuscissimo a cogliere l’obiettivo politico/sindacale auspicato, che è quello di evitare il decentra­
mento delle questioni catastali, quantomeno a limitarne il più possibile i danni, per i colleghi e per i cittadini.

Se manteniamo forte la nostra opposizione alle norme che hanno creato la situazione attuale, non è nella stupida convin­
zione, che qualcuno ci attribuisce, che i sindacati possano cambiare le leggi, ma nella certezza che nel ruolo dei sindacati 
debba esserci anche quello di giudicare le leggi, e se le ritenessero sbagliate di creare movimenti di opinione che 
condizionino i parlamentari a modificarle. Rinunciare a questo passaggio e limitarsi a gestire le leggi sbagliate è una scelta suicida. 
Accogliamo quindi con piacere che la CISL, a Firenze, abbia dichiarato che “il decreto legislativo 112/1998 è un errore 
storico di questo paese”. Speriamo che sia conseguente a queste affermazioni. Siamo comunque preoccupati 
quando sentiamo affermare che il decentramento è cosa giusta, solo che viene gestito male da Tremonti.

 Il decentramento è come la bomba atomica. Non si può progettarla e costruirla e 
poi stupirsi quando ci radono al suolo Hiroshima e Nagasaki.

6. Decentramento. Il 17 aprile riunione dell’Osservatorio

L’osservatorio sul decentramento, organismo a cui partecipano anche le RdB, si riunirà il 17 aprile (guarda caso proprio dopo lo
sciopero del 16) per rivedere alcuni passaggi della brochure inviata ai Comuni. Ad oggi, infatti, il documento che circola (in cui si
invitano i comuni a dire la loro entro il 30 aprile) è illegittimo. Quel testo, nato dopo l’accordo datato 14 gennaio, e sottoscritto a fine gennaio, era la dimostrazione del fallimento del tentativo di affrontare tecnicamente la questione. Allora non avevamo firmato
quell’accordo. Oggi, alcuni di coloro che lo avevano firmato, trovando, come prevedibile, le vie politiche chiuse, sono stati obbligati
a fare i tecnici, con regole decise da altri, estremamente restrittive. Per questo, pur continuando coerentemente a difendere
quell’accordo, si stanno avvedendo che la strada della lotta, della protesta, della modifica delle regole, è l’unica praticabile.
E’ chiaro che se il 16 aprile, in occasione dello sciopero, i catasti saranno deserti
, il giorno dopo il peso sindacale al tavolo dell’osservatorio sarà molto più ele­vato. Poi ognuno si assumerà la responsabilità di usare quel peso come meglio crederà.

7. Demanio Servizi SPA. Un piano di lotta
Abbiamo inserito nel nostro sito lo statuto della Demanio Servizi SpA. Chiunque lo abbia letto ha espresso preoccupazione. 
La stessa che noi abbiamo espresso fin dalla proposta di cartolarizzazione dei beni demaniali, che, già nel settembre dello 
scorso anno (Il sacco bucato n.10/2001), noi, e solo noi, avevamo stigmatizzato. Dopo mesi di lotta solitaria, abbiamo obbli­
gato tutte le sigle a prendere atto della situazione (vedi documento sulle convenzioni).
Nel percorso tracciato, ad oggi, non appare alcuna garanzia per il mantenimento del posto pubblico. Per questo proponiamo 
a lavoratrici e lavoratori un percorso di lotta così sviluppato:

1)       partecipazione in massa allo sciopero generale del 16 aprile p.v.;

2)       rifiuto di partecipazione al tempo prolungato, che ci viene pagato con i nostri soldi, e serve solo per accelerare i tempi di 
dismissione;

3)       richiesta individuale all’amministrazione di passaggio ad altra agenzia (dogane o entrate);

4)       richiesta collettiva (attraverso firme raccolte in tutti gli uffici) di riunificazione all’Agenzia del Territorio; 

5)       costruzione di un assemblea nazionale di lavoratrici e lavo­ratori del demanio;

6)       costruzione di uno sciopero nazionale dei dipendenti del demanio.

Chiediamo, innanzitutto, ai nostri delegati e, comunque, a tutti i nostri colleghi, cosa pensano di questa proposta
8. Entrate. Call center. Un passo avanti ma solo a chiacchiere e con oltre due anni di ritardo.
E’ stato sottoscritto, non dalle RdB, l’11 aprile, un protocollo di intesa, che, naturalmente potrete trovare sul nostro sito inter­
net, sui Call Center. Vogliamo innanzitutto rilevare che la strut­tura formale del Protocollo di Intesa ricalca un modello che 
l’amministrazione ci sta proponendo ormai su tutti i tavoli. 1) Annotazione delle perplessità del sindacato; 
2) risposta dell’amministrazione; 3) punti su cui si concorda, che potreb­bero o meno essere esaustivi delle perplessità di cui sopra; 
4) sui punti controversi, non c’è scritto ma è implicito, le parti rias­su­mono la propria autonoma determinazione. Si tratta di una va-
riazione di metodo su cui, qualora venisse confermata, ci ri­ser­viamo un’ulteriore riflessione. La prima impressione è di trovarci di 
fronte ad un dialogo, ad una concertazione al ribasso.

I punti di convergenza elencati nel protocollo di Intesa sono i seguenti: 

Ø       che i Centri di assistenza telefonica dipendono dalle rispettive Direzioni regionali ed operano sotto il coordinamento della Direzione
Centrale Gestione Tributi.

Ø       che i Centri hanno un organico di 90 unità, cui va aggiunta una quota del 10%-13% destinata alle attività di Direzione e
Segreteria, eccetto quello di Salerno, per il quale è previsto un organico a regime di 200 unità.

L’Agenzia si impegna, inoltre, ad assegnare i carichi di lavoro il più possibile omogenei rispetto alla presenza di personale,
prevedendo un momento di monitoraggio congiunto che possa permettere di valutare tali assegnazioni e comunque intervenire
in tempi rapidi, sia rispetto ai picchi di telefonate sia alle assegnazioni di bacini territoriali di competenza conseguenti ai nuovi centri
 in attivazione o da attivare.

Ø       che le professionalità necessarie al miglior funzionamento dei Centri sono ascrivibili prevalentemente all’area C ed all’area B.

A tal fine, e pur in un quadro di riferimento più generale, teso a ricollocare in prospettiva il personale dell’Agenzia in posizioni
economiche più rispondenti ai bisogni ed alle nuove attività dell’Agenzia, utilizzando gli strumenti contrattuali, tra cui primariamente
 il 1° CCNL delle Agenzie fiscali, si concorda sulla necessità di proseguire da subito il confronto già attivato sulle procedure concorsuali
integrative a quelle già bandite ai sensi del CCNI dell’ex Ministero delle Finanze per i passaggi entro e tra le aree, per giungere nei
tempi più brevi ad un nuovo accordo che permetta l’emanazione di nuove procedure.

Tali procedure, aperte a tutto il personale dell’Agenzia, dovranno prevedere un adeguato riconoscimento alle attività svolte
nei Centri di assistenza telefonica.

Ø       che gli addetti sono suddivisi in team di 8, 10 persone, coordinate da un capo team, che a sostituzione di quanto previsto
nella preintesa del 6 marzo 2000, verrà individuato sulla base dei criteri di cui all’articolo 18, commi 1 e 2, del CCNL, valutando
in particolare la capacità di gestione dei gruppi di lavoro.

Ø       che l’orario di servizio dei Centri di assistenza telefonica è 8-18 dal lunedì al venerdì, e 8-14 il sabato, con possibilità di
estensione del servizio alle ore 20 per particolari esigenze, temporalmente limitate, previa informazione alle OO.SS.

Ø       che l’orario di apertura al pubblico è 9-17 dal lunedì al venerdì e 9-13 il sabato. All’interno dell’orario di servizio, per ogni
singolo Centro, la negoziazione decentrata di posto di lavoro stabilirà l’articolazione dell’orario di lavoro secondo quanto previsto
dal CCNL, previo riconoscimento, ove il servizio si articoli per turni, delle remunerazioni previste al tal fine dalle norme pattizie.

Ø       che sulla parte relativa alle indennità economiche, le parti concordano di riprendere con immediatezza le trattative per
l’individuazione delle indennità  da corrispondere con le risorse del FUA 2001, nel cui ambito si impegnano sin d’ora a confermare
le specificità e le professionalità del personale dei Centri di assistenza telefonica, con le loro articolazioni interne. 

Ø       che per quanto concerne le attività formative, vi sia un adeguato rafforzamento dei pacchetti formativi che si concretizzerà
in uno specifico corso di formazione, suddiviso in tre aree:

a)       giuridico tributaria (competenze legate al contenuto tecnico professionale proprio del ruolo del consulente telefonico:
conoscenze delle norme e della modulistica; autotutela; sanzioni);

b)      tecnica (capacità legate all’uso della strumentazione informatica e delle procedure di supporto all’attività di consulenza telefonica);

c)       relazionale (modalità di approccio con il contribuente e – per i team leader - gestione dei gruppi di lavoro).

L’attività di formazione durerà 30 giorni lavorativi, di cui almeno 15 nella fase di avvio.

Sarà verificato il grado di formazione con ulteriori corsi di approfondimento, che dovranno garantire il continuo e costante
aggiornamento degli addetti.

Tale formazione sarà inserita all’interno della formazione dell’Agenzia per il 2002, le cui linee generali saranno oggetto a breve,
come già previsto,  di negoziazione con le OO.SS.

Ø       Le parti concordano inoltre di fare salve, per i centri di assi­stenza telefonici da attivare, le specifiche previsioni dell’Accordo
del 6 marzo 2000 e gli accordi nazionali sotto­scritti in occasione delle trattative per la ricollocazione del per­sonale dei Centri
di Servizio e della ricollocazione in particolare del personale del Centro di Servizio di Salerno.

  A tale proposito si chiarisce che il personale del Centro di Servi­zio di Salerno che non abbia espresso la volontà di es­sere assegnato
al call center o che non superi le procedure selet­tive, automaticamente venga assegnato alla sezione contact center, in ossequio
al principio del mantenimento della sede di lavoro, e di prevedere invece per quanto ri­guarda le proce­dure di selezione ed
assegnazione del perso­nale a regime ai centri di assistenza telefonici già attivati, in luogo delle attuali procedure selettive, la
definizione da parte dell’Agenzia e pre­via confronto con le OO.SS. nazionali, criteri più snelli diretti ad accertare le capacità professionali
del per­sonale che chiede di essere assegnato ai centri di assistenza telefonica;

Ø       Per quanto concerne la problematica relativa all’imminente scadenza (maggio-giugno 2002) del periodo minimo di per­manenza
degli addetti nei Centri di risposta telefonica si con­viene di attivare congiuntamente un monitoraggio per verifi­care l’entità del
numero di addetti interessati a rientrare negli Uffici di appartenenza o che intendono avvalersi delle proce­dure di mobilità volontaria,
lasciando alla contrattazione de­centrata di livello regionale la definizione dei tempi e delle modalità degli eventuali avvicendamenti.”

Qualcosa comincia a muoversi. Le RdB, però, non possono che prendere atto dell’arretratezza di quanto contenuto in questo Protocollo 
di Intesa, che, nei suoi passaggi positivi, pare rical­care le motivazioni per cui noi, nel febbraio 2000, non avevamo voluto firmare il 
primo accordo sui Call Center. 

Lasciamo ad ognuno la valutazione dell’impatto che tale accordo potrà avere sulle singole realtà e, rimandiamo ad altro momento, 
l’analisi delle singole parti. 

Il motivo principale della nostra mancata adesione è che, an­cora una volta, si mettono insieme dei pezzetti senza alcuna chiarezza 
del quadro d’insieme. E’ come costruire un puzzle senza avere di fronte l’immagine a cui si vuole giungere. I veri nodi della 
questione - carichi di lavoro e riconoscimento delle nuove professionalità lavorative ed economiche - non vengono affrontati. 
Anzi, si lascia intuire - ma è stato detto esplicitamente - che per gli ad­detti al call center si pensa ad una soluzione come quella adot­
tata per gli addetti alla lettura ottica. Ovvero, nel caso in cui ver­ranno varate - in un futuro non definito - nuove procedure pas­saggi tra 
aree e nelle aree, si terrà conto del lavoro svolto, in­troducendo un punteggio sup­plementare per tali addetti. 

E’ una soluzione, che, nonostante fossimo stati gli unici a svi­luppare una battaglia assieme agli addetti alla lettura ottica, vi ricordiamo, 
non avevamo sottoscritto, motivando tale rifiuto con una duplice considerazione:

1)       le professionalità e le specializzazioni devono essere un attributo dei soggetti che le hanno. Per questo vanno rico­
nosciute fino in fondo, non solo economicamente. La pro­cedura attuata per gli addetti alla lettura ottica, non li ha collocati in un 
nuovo profilo professionale, che pur esi­steva, ma si è limitata a dargli un punteggio per accedere a profili professionali, di fatto, 
inesistenti.

2)       L’assenza di un serio ragionamento sull’individuazione di profili, fa si che tutta l’operazione si riduca ad un semplice passaggio 
di livello economico, rispetto al quale attribuire un punteggio di eccellenza ad alcuni soggetti, è atto di di­scriminazione nei 
confronti di tutti gli altri dipendenti che, pur se in maniera diversa, hanno comunque ricoperto inca­richi di responsabilità ben 
maggiore di quelli per cui ven­gono retribuiti.

Fuori da questi ragionamenti, ogni percorso è un palliativo, utile più a mettere i lavoratori uno contro l’altro che a trovare vere soluzioni complessive.

9. Entrate. Mobilità incentivata. Soluzioni diverse a problemi diversi

 Abbiamo visto sull’ultimo numero il rifiuto della nostra delega­zione della Lombardia a sottoscrivere l’accordo della mobilità incentivata. Nelle Marche, invece, la delegazione RdB è riuscita ad ottenere, coerentemente con quanto affermato in solitudine per mesi, il rientro di personale che forzatamente era stato in­viato da Pesaro ad Urbino, e da Ancona a Fabriano, per la co­stituzione degli Uffici Unici. La capacità dei delegati locali ha fatto si che si riuscissero ad ottenere risultati di tutela. Una vitto­ria locale che non spazza però via le nubi che si addensano sulla procedura. Ad esempio, anche nell’accordo di Ancona si fa riferimento a percentuali di carenza degli uffici. Ci chiediamo: su quali piante organiche? Tornando alla Lombardia, invece, la capacità della delegazione RdB, che si trovava ad operare in condizioni completamente di­verse, è stata quella di sottolineare che l’Amministrazione aveva proceduto nel tempo – senza al­cun criterio che non fosse la propria discrezionalità - a sposta­menti del personale verso altri uffici ed amministrazioni, ne­gando trasferimenti, o addirittura l’applicazione della legge 104, ad altri colleghi, adducendo a motivazione la carenza di orga­nico degli uffici di appartenenza. Non si poteva far finta di nulla e non chiedere conto di questo nel momento in cui venivano in­dividuati gli uffici carenti e quelli per cui finanziare la mobilità in­centivata. In mancanza di chiarezza a monte, di regole certe e verificabili sulla mobilità (su richiesta o per esigenze di servizio) del perso­nale, ogni accordo sulla mobilità incentivata diviene un mo­mento di verifica. Se nelle Marche la verifica può aver risolto al­cune situazioni su cui noi da tempo puntiamo l’indice, in Lom­bardia, pare, che da questa verifica emergano scelte unilaterali dell’amministrazione che oggi vuole coprire con i soldi di tutti: la parte del FUA destinata alla mobilità volontaria. In Lombardia, Agenzia e altri sindacati, con motivazioni diverse – speriamo - hanno deciso di isolare, con la richiesta di tavoli separati, la no­stra delegazione. Noi andremo nei posti di lavoro per spiegare la nostra posizione e chiedere a lavoratrici e lavo­ratori di ap­poggiarci in questa battaglia di giustizia sottoscri­vendo in massa una richiesta di revisione dell’accordo.