Oltre le colonne
Teoria e pratica sindacale

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Seconda Edizione


N.6 - 8 gennaio 2004

SOMMARIO

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Appunti per un'assemblea

Il 16 gennaio è proclamato uno sciopero dei dipendenti delle Agenzie Fiscali sul contratto.

Questo numero speciale di Oltre le colonne è dedicato alle nostre riflessioni sull’argomento. Serve a spiegare la nostra posizione a riguardo. A spiegare perché, mentre tutti dichiaravano sciopero, noi abbiamo atteso il 30 dicembre. A fare il punto della situazione e a provare a capire cosa ci ha condotto fin qui e che cosa fare per ripartire. Serve ai nostri delegati per gestire le assemblee (anche, al limite, limitandosi a leggere e commentare il presente documento) che ci saranno, sicuramente prima del 16 gennaio, ma, per quanto ci riguarda, anche dopo.

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E siamo a gennaio 2004...

Il contratto dei Ministeri, da cui deriviamo, è scaduto il 31 dicembre 2001. Dal 1 gennaio 2002 avremmo dovuto avere un nuovo contratto, nel nostro caso veramente nuovo, il Contratto Agenzie Fiscali. Il contratto si divide in due parti, quella economica, che ha validità due anni, e quella giuridica, che ha validità quattro anni.

Detto questo, il contratto che non c’è, dal punto di vista economico sarebbe scaduto il 31 dicembre 2003.

Ci troviamo di fronte quindi ad un contratto scaduto due volte… aberrante risultato di una politica sindacale che, negli ultimi dieci anni, ci ha messo in ginocchio.

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Politica dei redditi

Pensiamo di dire cosa ormai condivisa, anche se per oltre dieci anni siamo stati gli unici ad affermarlo, che aver slegato gli aumenti salariali dall’inflazione (soppressione della scala mobile) ed averli legati alla contrattazione è stato un grave errore!

Non ci stancheremo mai di ripetere, infatti, che il sindacato nasce storicamente per aggregare la parte sociale che tra datori di lavoro e prestatori di lavoro è naturalmente più debole e che, solo attraverso tale aggregazione, può cercare un certo equilibrio.

Il nodo della Politica dei Redditi, e della Concertazione, nata con gli accordi del luglio 1993, ma di fatto, nello spirito (e non solo) riedizione della legge fascista n. 563 del 1926, era, invece, che il lavoratori rinunciavano alla conflittualità ed alla rivendicazione dei loro interessi diretti,  al fine di favorire il più alto interesse dell’economia nazionale.

Se da una parte ci si accontentava di incrementi salariali all’interno dell’inflazione programmata, dall’altra, i datori di lavoro avrebbero dovuto trasformare i risparmi ottenuti in questo modo in maggiore produttività, più posti di lavoro, maggiori consumi etc. etc. Un’idea nobile, ma quantomeno ingenua.

I sacrifici dei lavoratori, dipendenti ed in cerca di lavoro, negli ultimi dieci anni, hanno creato un paese dove gente come Callisto Tanzi, tanto per fare un esempio recente, si permette di fregare all’economia del paese l’equivalente di una finanziaria…

Un paese dove, in dieci anni, si sono invertite le percentuali del prodotto interno lordo destinate al reddito e alla finanziarizzazione, passate rispettivamente da un 60/40 all’attuale 40/60. Un paese dove, in dieci anni, il potere d’acquisto dei salari dei lavoratori dipendenti è calato di oltre il 30%, con una preoccupante accelerazione (circa il 13%) negli ultimi tre anni. Un paese dove il lavoro garantito non esiste più. Dove ormai i nuovi lavori sono solo precari e discontinui, dove non ci sono più garanzie per la pensione… Insomma, un paese nel quale, grazie alla concertazione, gli imprenditori sono riusciti a trasferire sui lavoratori il loro rischio di impresa.

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Emergenza salariale, emergenza sociale

E’ chiaro. Non può durare. Bisogna trovare, per dirla con Rousseau, un nuovo livello di contratto sociale, nel quale la parte e le garanzie spettanti alle maestranze sia molto più elevata.

Oggi, infatti, la continua flessione del potere d’acquisto salariale e la precarizzazione dei rapporti di lavoro hanno condotto ad un punto morto economico. Non bisogna essere Keynes per capire che se la ricchezza, anziché accumulata in poche mani, viene redistribuita a molte, crea per l’economia un effetto moltiplicatore, aumentando i consumi, la richiesta di beni, più posti di lavoro e così via… poco tempo fa, ascoltammo con un qualche stupore un anziano avvocato Gianni Agnelli che affermava che se non si fossero aumentati gli stipendi degli operai nessuno sarebbe stato più in grado di acquistare le automobili!

L’emergenza salariale in cui ci troviamo è tale da far temere il peggio a cui, per il momento, riusciamo a far fronte solo perché, negli ultimi dieci anni, la nostra economia, scimmiottando quella americana, si è sempre di più basata sul debito… ma attenzione, non è più un “sano” debito pubblico, nel quale, lo stato, si indebitava con i cittadini, ma un “esplosivo” debito privato in cui i cittadini si indebitano con gli imprenditori.

Un’economia che ha trasferito il suo debito da pubblico a privato; che ha trasferito, in dieci anni di finanziarie “lacrime e sangue”, le sue spese dal bilancio dello stato al bilancio dei cittadini; che consente a chi accumula (falso in bilancio, condoni fiscali etc. etc.) di restare impunito… E’ un’economia al collasso, che potrebbe sfociare in forti destabilizzazioni sociali e che ha come unica via d’uscita quella di riequilibrare le cose attraverso la riscoperta di un sano conflitto sociale istituzionale prima che conflitti veri e propri la travolgano.

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I contenuti di un contratto

I contratti devono servire come elemento chiave di tale conflitto sociale. Sono gli strumenti con chi lavora può recuperare e rilanciare diritti. I contratti devono contenere, dal punto economico, come minimo, il recupero dell’inflazione reale, dal punto di vista normativo, la garanzia dei posti di lavoro, veri e stabili, e la garanzia di un diritto alla carriera che mantenga l’inquadramento del personale al passo con i tempi.

Nello specifico del contratto delle Agenzie Fiscali la combinazione dei tre punti (salario, posti di lavoro, ordinamento) deve fornire la garanzia della natura pubblica della funzione fiscale.

a) Stipendio o salario?

Altro aspetto aberrante degli ultimi dieci anni è stata la sempre maggiore trasformazione da stipendio a salario.

Che cosa significa? Lo stipendio è la quota certa, mensile, che viene attribuita ai lavoratori. Il salario  è invece legato a prestazioni particolari… Per capirci. Straordinario, indennità, produttività e progetti finalizzati sono salario. Quanto è in busta paga, fisso, è invece stipendio.

A parità di importo complessivo, un lavoratore dovrebbe aspirare ad avere una quota percentuale stipendiale elevata e fronte di una quota incerta salariale molto più bassa.

La Concertazione, sempre lei, ha invertito questa tendenza, infatti, si tende a garantire sempre più importi alla contrattazione integrativa (che gestisce salario) a discapito della contrattazione generale (che gestisce stipendio).

Questo, se può aver garantito negli ultimi anni le poltrone dei rappresentanti (i sindacalisti) non ha certo favorito i rappresentati (i lavoratori) che hanno visto l’alea salariale sempre più preponderante aumentando l’incertezza e destabilizzando la pace sociale.

Oggi, tenendo conto che la Politica dei Redditi ha consentito di stanziare sul contratto 2002-2003, solo il 5,66% di aumento lordo, bisogna:

a) acquisire al più presto tale importo, in busta paga, mettendo gli arretrati al sicuro da possibili slanci creativi di Tremonti & C.;

b) istituire un nuovo meccanismo di calcolo dell’inflazione reale;

c) chiedere subito, per il 2004-2005, aumenti calibrati con l’inflazione reale;

d) chiedere che questi aumenti vadano in busta paga, ad aumentare lo stipendio.

E per il passato? L’unica proposta possibile è la stabilizzazione del salario accessorio, il suo recupero in busta paga, nello stipendio.

Questo può avvenire con l’istituzione di una quattordicesima mensilità, ovvero di quote mensili equivalenti, e con il riconoscimento fisso delle figure professionali (vedi oltre) oggi retribuite con le indennità che a questo punto potrebbero anch’essere recuperate in busta paga.

Nell’ambito della questione salariale si impone una riflessione sulla questione dei buoni pasto, che sia nell’importo, che nella spendibilità, ha raggiunto livelli grotteschi.

Anche in questo caso, l’aumento, l’indicizzazione, ed, al limite, il suo recupero in busta paga, sono obiettivi da perseguire con forza.

 b) Privatizzazione e posti di lavoro. La grande truffa delle Agenzie

La scelta di trasformare il Ministero delle Finanze in Agenzie Fiscali si è perfettamente inserita nel processo di smantellamento dello stato sociale che si sviluppa da oltre dieci anni, anzi, se vogliamo essere precisi, ne è uno degli elementi principali.

Ad uno stato che rinuncia al suo ruolo sociale non serve più un grande apparato fiscale deterrente… serve un organismo snello, che possa diversificare i suoi investimenti in modo aziendale, che possa assumere precari, solo in certe zone e solo in certi periodi, che possa ridurre i costi di gestione con la chiusura di uffici e che fornisca al cittadino, o alle aziende,  solo servizi!

Se ben guardate è il quadro della situazione attuale… ed è stato possibile arrivarci solo “grazie” alla trasformazione in Agenzie Fiscali, che, leggete il decreto 300/1998, ha come fulcro la separazione tra le scelte politiche e quelle gestionali.

Il decreto 300/1998, infatti, porta fuori le Agenzie, ed i loro dipendenti, dall’articolo 98 della Costituzione, di fatto, minando l’azione di garanzia che questi ultimi avevano nei confronti dell’articolo 53 della stessa.

Si crea un organismo valutabile solo sul piano del raffronto tra costi/ricavi e quindi, che si basa su tagli ai rami secchi, precarizzazione del rapporto di lavoro, contratti grandiosi per dirigenti e per consulenti esterni che hanno come compito quello di far quadrare i conti… anche a discapito dei diritti economici e non, dei dipendenti…

I posti di lavoro, in questo quadro, divengono veramente a rischio.

Per questo è assolutamente necessario invertire il processo, chiedere l’assunzione del personale precario ed il conseguente rilancio della funzione sociale per cui il Ministero delle Finanze era stato istituito.

La scelta delle Agenzie?

Che dire. Anche questa un grave errore, che, probabilmente, deve essere rivisto in qualche modo. Noi, otto anni fa, quando si era parlato di Agenzie, avevamo proposto la loro collocazione all’interno del Parastato… in tal modo si sarebbe potuto garantire la specificità economica e, contemporaneamente, tutelarne la funzione sociale… potrebbe essere ancora un idea valida?

c) Ordinamento professionale

Non ci dilungheremo sulla questione ordinamento perché, forse, eccessivamente tecnica, ma, va ricordata come, assieme a quella salariale ad essa direttamente collegata, la questione principale su cui ruota il contratto… se non addirittura come l’elemento simbolico dello sfruttamento dei dipendenti, a cui viene chiesto di migliorare la propria prestazione lavorativa, di rendersi polivalente, di formarsi (o nella maggior parte dei casi di auto-formarsi) e non si garantisce nulla in cambio.

Si è detto che uno dei motivi di contrasto tra ARAN e Organizzazioni sindacali è il fatto che l’ARAN vorrebbe dare un forte peso alla valutazione dei dirigenti nello sviluppo professionale.

Ma, nel contesto che viene proposto, che anziché sanare i problemi di un ordinamento professionale inadeguato li esaspera, questo, paradossalmente, diviene un falso problema.

Ogni ragionamento sull’ordinamento professionale non può prescindere dall’esame della realtà.

E la realtà oggi ci parla di prestazioni lavorative sempre più evolute, sia per l’utilizzo di metodi e tecnologie avanzate, sia per la sostanziale modifica dell’organizzazione del lavoro, che oggi, come tutti ci insegnano, si svolge per processi.

Se questo è, vuol dire che le mansioni non hanno più significato. L’effetto di questo non può essere l’eliminazione del mansionario ed il mantenimento degli attuali livelli economici (anzi il loro aumento in termini numerici) così come propone il Governo.

In poche parole, non ha senso dire che le mansioni sono tre o quattro e che i livelli economici sono quindici/venti.

Solo la semplificazione del sistema, la riduzione del numero delle mansioni, uno stretto legame tra queste e la retribuzione, ed il loro ricollocamento, economico e giuridico verso l’alto. Solo questo è  rispettoso della realtà e dei diritti dei dipendenti.

In questo contesto potrebbero essere recuperati gli importi oggi destinati ad indennità che, ormai da tempo, sono lavori istituzionali e come tali devono essere riconosciuti nello stipendio.

La proliferazione dei livelli economici non può che accentuare le attuali negatività: persone che fanno lo stesso lavoro e con stipendi diversi e, di conseguenza, forti divisioni tra il personale.

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Noi e gli altri

Abbiamo visto sulle tre questioni principali (salario, precariato, ordinamento), a grandi linee, quale è la situazione e quali sono le proposte delle RdB/CUB, non saremo certo noi a farci interpreti delle posizioni degli altri sindacati, ma non possiamo che rilevare, dopo anni, un certo riavvicinamento sulla questione della stabilizzazione del salario accessorio, e negli ultimi giorni, dichiarazioni inattese, sulla questione degli aumenti legati all’inflazione programmata.

E’ impossibile ricordare qui tutta la nostra storia sindacale e cosa ci ha condotto fin qui. Il nostro sito internet, accessibile dalla rete intranet delle Agenzie, aiuta chi volesse divertirsi a verificare le cose che oggi diciamo. Nel sito sono archiviati tutti i documenti a partire dal 1999. Non va mai dimenticato che le RdB/CUB nel Ministero Finanze,  nascono, di fatto, solo 10 anni fa (nel 1996 il nostro primo congresso come comparto ministeri), per cui in questi anni, abbiamo dovuto subire, in quanto minoranza sindacale, le scelte degli altri sindacati.

La speranza, quando siamo nati, era quella di crescere al punto tale (e si cresce solo con gli iscritti) di poter cercare di imporre una politica sindacale differente. Ora siamo cresciuti. Certo, non ancora abbastanza, ma in modo sufficiente da essere conosciuti, noi e le nostre proposte, all’interno di quasi tutti i posti di lavoro, in modo sufficiente da condizionare, come dicevamo prima, anche scelte ed atteggiamenti altrui. Per comprendere meglio la situazione attuale è però necessario riassumere in poche parole le iniziative che abbiamo condotto negli ultimi mesi.

Lo sciopero del 27 giugno. Uno sciopero per il contratto e contro la privatizzazione, uno sciopero che, secondo noi, doveva essere un momento della lotta.

L’esperienza ligure. La scorsa estate è stata caratterizzata da un evento eccezionale. In molti uffici della Liguria, lo sciopero del 27 giugno è stato visto, come noi dicevamo, come un momento iniziale della lotta. E’ stato chiesto alle sigle sindacali di riunire tutti i delegati, rsu e non, degli uffici per sentirne le ragioni e per varare uno stato di mobilitazione permanente. Come è andata lo hanno visto tutti… Le sole RdB hanno cercato di diffondere questo stato di mobilitazione (e questa unità dal basso) nelle altre regioni. Al primo ordine nazionale i regionali liguri di tutte le altre sigle hanno sospeso lo stato di mobilitazione. Siamo giunti al 7 gennaio, ad una nuova riunione dei delegati, trasformata in una riunione di apparato, con completa inversione dello spirito iniziale e a cui, naturalmente, le RdB non sono state invitate.

Il tentativo di conciliazione. L’esperienza della scorsa estate ci aveva confermato che, viste le sostanziali differenze nelle scelte di fondo, l’unità con gli altri sindacati, era impossibile… loro non la vogliono perché, come accaduto in Liguria, ne metterebbe nudo le contraddizioni. Per questo abbiamo deciso di varare, e siamo ai primi di ottobre una forte protesta. L’iniziativa si basa su quello che riteniamo sia un enorme vuoto contrattuale: Il personale del Ministero delle Finanze, è stato, in base al decreto 300/1998, distaccato presso le Agenzie Fiscali in attesa di definitivo inquadramento in ruolo. Questo inquadramento non c’è mai stato. Quindi, il personale attualmente in servizio presso le Agenzie è ancora personale del Ministero Economia e Finanze. Su questa base, abbiamo varato un tentativo di conciliazione obbligatorio, in cui richiediamo al Governo, visto l’allungarsi dei tempi del contratto Agenzie Fiscali, almeno come acconto, il pagamento di quanto stabilito (e corrisposto) con il Contratto dei Ministeri. L’uovo di colombo. Un ricorso fondato nei termini che serviva a fissare alcuni elementi della trattativa:

a) un minimo certo in busta paga, visto che si ricominciava a parlare di percentuali considerevoli sulla produttività;

b) mettere al sicuro gli arretrati da eventuali tentazioni da parte del creativo Tremonti di inventarsi un importo “una tantum” a copertura degli anni precedenti.

Il contenzioso in piedi dovrebbe garantire su questo piano… perché l’unico modo di farlo cessare è garantire con il contratto che si dovrà (speriamo presto) firmare quanto richiesto con il ricorso!

E’, come si vede, un’operazione volta a garantire i dipendenti, a discapito unico di un Governo che, troppo spesso, è disinvolto con la propria contabilità.

In questo senso sono parse incomprensibili le reazioni di altre sigle sindacali che, non solo si sono limitate a tacciare la presunta inutilità dell’iniziativa (tanto, secondo loro, il contratto si sarebbe chiuso da un giorno all’altro) ma addirittura hanno, come il SALFI, suggerito una fumosa e contraddittoria linea difensiva alle Agenzie stesse.

Le mobilitazioni di dicembre. La trattativa contrattuale si è rotta ai primi di dicembre. Tutte le sigle hanno iniziato tentativi di conciliazione per proclamare uno sciopero. Le RdB/CUB in tutta Italia hanno lanciato una mobilitazione permanente, con Assemblee, volantinaggi e presidi cercando in tutti i modi di forzare la mano, giungere al contratto per evitare di giungere ad uno sciopero… le altre sigle sindacali, a parte alcune estemporanee, seppur riuscite, manifestazioni organizzate localmente da alcune di loro, hanno invece dichiarato sciopero e basta…

Un’operazione di apparato, che ancora una volta cerca di sostituire il conflitto con la concertazione… c’è chi non impara nulla dai propri errori del passato.

Lo sciopero del 16 gennaio. E così siamo arrivati ad uno sciopero, forse evitabile, ma ormai troppo importante per fallire. Per questo motivo abbiamo atteso per dichiararlo, perché, prima che terminasse il biennio economico, volevamo provarle veramente tutte. Per questo lo abbiamo dichiarato in data coincidente con le altre sigle, perché il fallimento di uno sciopero come questo sarebbe un grave danno per tutti i dipendenti.

Uno sciopero sul contratto non è una cosa che si butta lì… è una cosa che si cerca di evitare (e si prepara) con mobilitazioni ed iniziative…

Perché se uno sciopero sul contratto fallisce… sono tutti più deboli, a partire dai sindacati che lo hanno indetto… e forse, alcuni di loro, paradossalmente, sperano proprio questo per avere la scusa per andare a firmare un contratto non proprio soddisfacente…

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L'Assemblea del 9 gennaio

Abbiamo deciso, seppur consci della difficoltà organizzativa che ciò implica, di proclamare un’Assemblea in tutti i posti di lavoro in concomitanza con lo sciopero degli autoferrotranvieri.

L’assemblea è uno strumento che mettiamo nelle mani dei dipendenti. Un modo di protestare, di chiudere gli uffici in concomitanza dello sciopero degli autoferrotranvieri.

Non dappertutto sono presenti delegati RdB, per questo motivo chiediamo a chiunque lo volesse di condurre comunque l’assemblea, anche in modo autogestito, leggendo, se volete, questo documento.

La vertenza degli autoferrotranvieri è significativa. Significativa perché, anche loro, come noi, sono vittime della Politica dei Redditi. Significativa perché gli autoferrotranviari protestano contro un accordo al ribasso che i sindacati hanno firmato per loro! Anzi, contro di loro!

Significativa perché, come per gli autoferrotranviari, il nostro servizio pubblico non deve essere messo in discussione… non vogliamo essere trasformati in risorse umane, rami di un azienda da tagliare se diviene necessario.

Significativa perché solo l’unità dei lavoratori può condurre a risultati. Unire dove gli altri separano, questo il nostro obiettivo.

Per questo, nell’Assemblea del 9 gennaio, ove si riesce ad organizzarla, riteniamo utile votare, oltre alla lettera che alleghiamo di seguito, la seguente mozione:

“L’Assemblea solidarizza con i dipendenti degli autotrasporti anche loro, come noi, in lotta per un giusto contratto, vittime della privatizzazione, della precarizzazione e di contratti che allontanano sempre di più il potere d’acquisto del salario dal costo della vita.”

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Le iniziative del 16 gennaio

Abbiamo già detto dell’importanza oggi di questo sciopero. Ma l’importanza deriva non solo dall’adesione allo sciopero in se, ma anche dalla visibilità che riusciamo a dare alla nostra lotta.

Per questo le RdB/CUB allegano il seguente documento da far votare nelle Assemblee di posto di lavoro, il 9 gennaio, se ci si riesce, o comunque prima del 15 gennaio p.v.

Il 16 gennaio, in occasione dello sciopero, organizzeremo presidi in tutti i capoluoghi di provincia (dove consegneremo i documenti votati in Assemblea) alle Direzioni Provinciali del Tesoro, nei capoluoghi di regione, dove consegneremo i documenti alle Prefetture e a livello nazionale dove consegneremo i documenti all’ARAN.

Ministero Economia e Finanze, Governo e ARAN sono le nostre controparti e a loro porteremo al nostra protesta!


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CONTRATTO AGENZIE FISCALI – SCIOPERO 16 GENNAIO 2004: LETTERA AL MINISTRO TREMONTI, AL GOVERNO E ALL’ARAN

Scarica l'estratto in formato .pdf/zip

Il personale dell’Ufficio______________________________________ riunito in Assemblea il giorno ______________________________________,

ha constatato che la trasformazione del Ministero delle Finanze in Agenzie Fiscali è stata solo foriera di privatizzazioni e di aziendalizzazioni,

ha visto, a seguito di questa trasformazione, il proprio contratto scaduto ben due volte, il 31 dicembre 2001 ed ora, il 31 dicembre 2003, mentre, paradossalmente, i Ministeriali, comparto di provenienza, hanno visto rinnovato, bene o male, il proprio contratto da oltre sei mesi!

Vi è la necessità di riequilibrare i salari alla realtà (ci sono prezzi europei e sono necessari salari europei), la necessità di rivedere l’ordinamento professionale in modo di adeguarlo alla maggiore professionalità richiesta e profusa dai dipendenti, la necessità, attraverso investimenti in posti di lavoro (assunzione del personale precario) ed in strutture, di rilancio del ruolo pubblico del fisco.

Quest’assenza contrattuale ci conduce in senso opposto!

 Questa lettera sarà consegnata durante lo sciopero del 16 gennaio prossimo venturo 

·         in ogni capoluogo di provincia alla Direzione Provinciale del tesoro locale;

·         in ogni capoluogo di regione alla Prefettura locale;

·         a Roma, all’ARAN.

Il personale chiede:

·         un contratto subito che contenga l’immediato pagamento di quanto stanziato sulle finanziarie precedenti e la stabilizzazione del salario accessorio;

·         di aprire immediatamente una trattativa per il biennio economico 2004-2005, che abbia come punto di riferimento il recupero dell’inflazione reale pregressa e l’inflazione reale del biennio;

·         l’assunzione immediata del personale precario;

·         garanzie per il proprio diritto alla carriera

·         garanzie contro le privatizzazioni del sistema fiscale.

_____________, ________________

Luogo                                Data

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PER SCRIVERE SU OLTRE LE COLONNE

I contributi, firmati, devono arrivarci agli indirizzi sotto indicati. Per gli invii via fax usare il carattere arial, almeno 14, per consentire un agevole uso dello scanner. Gli elaborati dovrebbero essere non più lunghi di una trentina di righe.

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