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LA GUERRA: UNO STRUMENTO DI OPPRESSIONE E DI DOMINIO LEGATO ALLE LOGICHE DELL’ECONOMIA GLOBALE NEOLIBERISTA

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Fattori economici (i crolli borsistici e la recessione incombente) e fattori strategici (una superiorità militare indiscussa sul piano mondiale, da consolidare nei confronti di potenze antagoniste emergenti: Cina, Europa, Russia) spingono gli USA oggi a promuovere la guerra imperialista su scala planetaria, dopo l’Afghanistan, tocca ora all’Iraq.

500.000 morti nei primi due giorni di guerra, e non è escluso di fronte ad una eventuale resistenza prolungata di varcare la soglia nucleare utilizzando “piccole bombe atomiche” come quella, per intenderci ,di Hiroshima.

Questo, l’enorme tributo di sangue, previsto in ossequio a quella che viene definita la dottrina di Bush, delineata nel documento presidenziale N.S.S. (National Security Strategy), che con agghiacciante chiarezza rivendica agli Stati Uniti il diritto alla guerra preventiva e all’interventismo planetario: “ogni qualvolta i nostri interessi e la nostra supremazia siano minacciati”.

Strategia che sottende non solo il controllo totale ed esclusivo delle fonti energetiche ma anche l’imposizione di un unico modello di globalizzazione: quello neoliberista, e, individua come nemici degli interessi stabiliti a Washington non solo i piccoli Stati-canaglia, ma tutti i paesi che mettono in discussione la “libera impresa”, la “libertà economica”, i “mercati aperti”, il “rispetto della proprietà privata”, pretendendo controllo e regole del mercato e l’istituzione di uno stato sociale.

Essa rappresenta dunque un attacco di dimensioni planetarie ai diritti economici e sociali sanciti dalla stessa Carta dell’O.N.U. 

L’attiva partecipazione dell’Italia alla guerra, promossa dal governo Berlusconi, in vista di una spartizione del petrolio iracheno (qualche goccia anche per i vassalli), indebolisce l’Europa, espone il nostro Paese a ritorsioni e rischi gravissimi ed umilia un intera nazione che nella sua maggioranza è, nonostante la pressione mediatica, decisamente ostile alla guerra. 

La classe lavoratrice, deve opporsi con tutte le forze alla guerra, non solo perché depositaria nella storia di valori fondamentali come la pace, la giustizia sociale, la solidarietà fra i popoli, ma anche per impedire ,come è sempre avvenuto, che i suoi costi siano fatti pagare ai lavoratori e alle classi sociali più deboli(già la finanziaria prevede un aumento di flussi di capitale verso le spese militari piuttosto che verso i contratti e il welfare), e che, l’emergenza guerra sia l’occasione per tentare di limitare gli spazi democratici e attuare un’ulteriore contrazione dei diritti nel mondo del lavoro (vedi la legge delega 848, che erode l’art.18, e introduce la precarietà assoluta nei contratti di lavoro, ottenuta dal governo il 5 febbraio, mentre l’attenzione dell’opinione pubblica è tutta orientata sulla guerra imminente). 

Il sindacalismo di base, che ha sempre espresso la più intransigente opposizione alla guerra, indipendentemente dalla coalizione politica che la promuoveva, invita tutti i lavoratori a partecipare in massa alla grande mobilitazione indetta a ROMA, e contemporaneamente in molte altre capitali del mondo, il 15 febbraio.

CONTRO LA GUERRA IN IRAQ

RdB/ Agenzie Fiscali della Toscana