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      ANNO 2003 
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       IN
      NOME DEL POPOLO ITALIANO LA
      CORTE COSTITUZIONALE composta
      dai signori: -
      Riccardo      CHIEPPA    
      Presidente -
      Gustavo      ZAGREBELSKY     
      Giudice -
      Valerio      ONIDA     
      " -
      Carlo          
      MEZZANOTTE  " -
      Fernanda      CONTRI     
      " -
      Guido          
      NEPPI MODONA     
      " -
      Piero Alberto     
      CAPOTOSTI   " -
      Annibale      MARINI     
      " -
      Franco         
      BILE      " -
      Giovanni Maria FLICK     
      " -
      Francesco       AMIRANTE   
      " -
      Paolo      MADDALENA        
      "  | 
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       SENTENZA nel
      giudizio di ammissibilità, ai sensi dell'art. 2, primo comma, della legge
      costituzionale 11 marzo 1953, n. 1, della richiesta di referendum
      popolare per l'abrogazione della servitù coattiva di elettrodotto
      stabilita dall'art. 119 del testo unico delle disposizioni di legge sulle
      acque e impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933,
      n. 1775, il quale dispone: «Ogni proprietario è tenuto a dare passaggio
      per i suoi fondi alle condutture elettriche aeree e sotterranee che esegua
      chi ne abbia ottenuto permanentemente o temporaneamente l'autorizzazione
      dall'autorità competente», nonché dall'art. 1056 del codice civile,
      secondo cui: «Ogni proprietario è tenuto a dare passaggio per i suoi
      fondi alle condutture elettriche, in conformità delle leggi in materia»,
      giudizio iscritto al n. 136 del registro referendum.    
      Vista
      l'ordinanza del 9 dicembre 2002 con la quale l'Ufficio centrale per il referendum
      presso la Corte di cassazione ha dichiarato conforme a legge la richiesta;    
      udito nella
      camera di consiglio del 14 gennaio 2003 il Giudice relatore Annibale
      Marini;    
      udito
      l'avvocato Carlo Rienzi per i presentatori Giuliani Livio, Boscaino Paola,
      Lion Marco, Pagliai Adriana Lorenza, Musacchio Roberto e Scotton Natalina. Ritenuto
      in fatto    
      1.- L'Ufficio centrale per il referendum,
      costituito presso la Corte di cassazione ai sensi della legge 25 maggio
      1970, n. 352, e successive modifiche ed integrazioni, con ordinanza in
      data 9 dicembre 2002 ha dichiarato legittima la richiesta di referendum
      popolare, presentata il 23 aprile 2002 da trentadue cittadini, per
      l'abrogazione della servitù coattiva di elettrodotto.    
      La richiesta di referendum
      ha ad oggetto il seguente quesito: «Volete che sia abrogata la servitù
      di elettrodotto stabilita: dall'art. 119 del testo unico delle
      disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici, approvato con
      regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, il quale stabilisce: “Ogni
      proprietario è tenuto a dare passaggio per i suoi fondi alle condutture
      elettriche aeree e sotterranee che esegua chi ne abbia ottenuto
      permanentemente o temporaneamente l'autorizzazione dall'autorità
      competente”; nonché dall'art. 1056 del codice civile: “Ogni
      proprietario è tenuto a dare passaggio per i suoi fondi alle condutture
      elettriche, in conformità delle leggi in materia”?».    
      Al quesito l'Ufficio centrale ha attribuito il seguente titolo: «Servitù
      coattiva di elettrodotto: abrogazione», in tal senso correggendo quello
      indicato dai promotori («Elettrodotto coattivo – per l'abrogazione
      dell'elettrodotto coattivo»).    
          
      2.- Ricevuta comunicazione dell'ordinanza dell'Ufficio centrale per
      il referendum, il Presidente di
      questa Corte ha fissato, per la conseguente deliberazione, la camera di
      consiglio del 14 gennaio 2003, disponendo che ne fosse data comunicazione
      ai presentatori della richiesta di referendum
      e al Presidente del Consiglio dei ministri, ai sensi dell'art. 33,
      secondo comma, della legge 25 maggio 1970, n. 352.    
          
      3.- Nell'imminenza della camera di consiglio il comitato promotore
      e presentatore dei referendum
      abrogativi in materia ambientale ha depositato un «atto di costituzione e
      memoria illustrativa», insistendo per la declaratoria di ammissibilità
      della richiesta.    
      Ad avviso del comitato promotore non sussisterebbe, infatti, alcuna
      delle cause di inammissibilità previste dall'art. 75, secondo comma,
      della Costituzione o individuate, nel tempo, dalla giurisprudenza
      costituzionale.    
      Dovrebbe, in particolare, escludersi che l'abrogazione della servitù
      prevista dall'art. 119 del testo unico sulle acque e impianti elettrici e
      dall'art. 1056 cod. civ. si traduca in un impedimento insuperabile alla
      elettrificazione e dunque al progresso.    
      In primo luogo, il bilanciamento tra accelerazione del progresso e
      sostenibilità ambientale costituisce – secondo i promotori - tipica
      materia di decisione politica e, quindi, possibile oggetto della
      consultazione referendaria.    
      Secondariamente, dovrebbe considerarsi che la normativa di cui si
      chiede l'abrogazione ha favorito un modello di sviluppo energetico basato
      sulla concentrazione dei centri di produzione dell'energia elettrica e sul
      trasporto e la distribuzione dell'energia attraverso una rete di
      elettrodotti di centinaia di migliaia di chilometri, addirittura
      sovradimensionata rispetto alle effettive esigenze del Paese.
      L'affermazione di tale modello – dovuta principalmente alla bassa
      incidenza del costo di utilizzo del suolo su cui sorgono gli elettrodotti
      - avrebbe di fatto impedito lo sviluppo delle tecnologie di produzione
      dell'energia ed in particolare di quelle legate alle fonti rinnovabili,
      cosicché l'abrogazione delle norme sottoposte a referendum
      porterebbe ad un riequilibrio del mercato tale da favorire l'innovazione
      tecnologica.    
      Considerato, da ultimo, che, secondo una consolidata
      interpretazione giurisprudenziale, la installazione di nuovi elettrodotti
      non necessita di autorizzazione edilizia, l'abrogazione della normativa
      interessata dal quesito referendario avrebbe – ad avviso sempre del
      comitato promotore - l'ulteriore effetto di restituire agli enti locali il
      pieno controllo del territorio.   4.-
      Nella camera di consiglio del 14 gennaio 2003 è stato ascoltato, per il
      comitato promotore, l'avv. Carlo Rienzi, che ha ulteriormente illustrato
      le ragioni, già svolte nella memoria, a sostegno della ammissibilità del
      quesito. Considerato
      in diritto    
      1.- La richiesta di referendum
      investe gli artt. 119 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775
      (Testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti
      elettrici), e 1056 del codice civile.    
      Entrambe le disposizioni, di tenore sostanzialmente identico,
      prevedono che ogni proprietario è tenuto a dare passaggio per i suoi
      fondi alle condutture elettriche in conformità delle leggi in materia.      
      2.- La richiesta di referendum
      è ammissibile in considerazione dell'inesistenza di limiti e
      impedimenti costituzionali - derivanti espressamente dall'art. 75, secondo
      comma, della Costituzione o desumibili implicitamente dal sistema
      costituzionale – invocabili nella specie.    
      Il quesito risulta formulato in modo univoco e chiaro, investendo
      una disciplina unitaria contenuta nelle due norme, di tenore
      sostanzialmente identico, che prevedono la costituzione coattiva della
      servitù di elettrodotto, senza estendersi – come l'originario titolo
      indicato dal Comitato promotore avrebbe potuto far ritenere – ad ogni e
      diversa forma di elettrodotto coattivo ed in particolare alla procedura
      espropriativa per pubblica utilità dei fondi interessati dal passaggio
      delle condutture elettriche.  | 
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       LA
      CORTE COSTITUZIONALE    
      dichiara ammissibile
      la richiesta di referendum popolare
      per l'abrogazione degli artt. 119 del regio decreto 11 dicembre 1933, n.
      1775 (Testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti
      elettrici), e 1056 del codice civile; richiesta dichiarata legittima, con
      ordinanza del 9 dicembre 2002, dall'Ufficio centrale per il referendum
      costituito presso la Corte di cassazione.    
      Così deciso in Roma il 30 gennaio 2003.    
      F.to:    
      Riccardo CHIEPPA, Presidente    
      Annibale MARINI, Redattore    
      Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere    
      Depositata in Cancelleria il 6 febbraio 2003.    
      Il Direttore della Cancelleria  |