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            ANNO
      2003 
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       IN
      NOME DEL POPOLO ITALIANO LA
      CORTE COSTITUZIONALE composta
      dai signori: -
      Riccardo             
      CHIEPPA          
      Presidente -
      Gustavo              
            ZAGREBELSKY
        Giudice -
      Carlo                
            MEZZANOTTE       
      “ -
      Fernanda             
      CONTRI           
            “ -
      Guido                
            NEPPI
      MODONA           
      “ -
      Piero Alberto          
      CAPOTOSTI        
            “ -
      Annibale             
      MARINI           
            “ -
      Franco               
            BILE 
                 
            “ -
      Giovanni Maria
            FLICK
                  “ -
      Francesco
                  AMIRANTE         
            “ -
      Ugo                  
      DE SIERVO                 
      “ -
      Romano               
            VACCARELLA       
      “ -
      Paolo                
            MADDALENA        
            “  | 
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       SENTENZA nel
      giudizio di ammissibilità, ai sensi dell'art. 2, primo comma, della legge
      costituzionale 11 marzo 1953, n. 1, della richiesta di referendum
      popolare per l'abrogazione della legge 30 aprile 1962, n. 283, recante
      “modifica degli artt. 242, 243, 247, 250 e 262 del T.U. delle leggi
      sanitarie approvato con R.D. 27
      luglio 1934, n. 1265: Disciplina igienica della produzione e della
      vendita delle sostanze alimentari e delle bevande”, limitatamente alla
      seguente parte: Articolo 5, lettera h),
      limitatamente alle parole: “usati in agricoltura per la protezione delle
      piante e a difesa delle sostanze alimentari immagazzinate”, e alle
      parole: “Il Ministro per la sanità con propria ordinanza, stabilisce
      per ciascun prodotto, autorizzato all'impiego per tali scopi, i limiti di
      tolleranza e l'intervallo minimo che deve intercorrere tra l'ultimo
      trattamento e la raccolta e, per le sostanze alimentari immagazzinate, tra
      l'ultimo trattamento e l'immissione al consumo”, giudizio iscritto al n.
      137 del registro referendum.    
      Vista l'ordinanza
      del 9 dicembre 2002 con la quale l'Ufficio centrale per il referendum
      costituito presso la Corte di cassazione, ha dichiarato conforme a legge
      la richiesta;     
      udito  nella
        camera
      di consiglio del 14 gennaio 2003 il Giudice relatore Ugo De Siervo;    
      udito l'avv.
      Carlo Rienzi per i presentatori Boscaino Paola, Lion Marco, Pagliai
      Adriana Lorenza, Musacchio Roberto, Scotton Natalina, Giuliani Livio. Ritenuto
      in fatto    
      1. – L'Ufficio centrale per il referendum
      costituito presso la Corte di cassazione, in applicazione della legge 25
      maggio 1970, n.352, e successive modificazioni, ha esaminato la richiesta
      di referendum popolare
      presentata il 9 agosto 2002 da Boscaino Paola, Lion Marco, Pagliai Adriana
      Lorenza, Musacchio Roberto, Scotton Natalina, Giuliani Livio, sul seguente
      quesito: “Volete che sia abrogata la legge 30 aprile 1962, n. 283,
      recante “modifica degli artt. 242, 243, 247, 250 e 262 del T.U. delle
      leggi sanitarie approvato con R.D.
      27 luglio 1934, n. 1265: Disciplina igienica della produzione e della
      vendita delle sostanze alimentari e delle bevande”, limitatamente alla
      seguente parte: Articolo 5, lettera h),
      limitatamente alle parole: “usati in agricoltura per la protezione delle
      piante e a difesa delle sostanze alimentari immagazzinate,” e alle
      parole “Il Ministro per la sanità con propria ordinanza, stabilisce per
      ciascun prodotto, autorizzato all'impiego per tali scopi, i limiti di
      tolleranza e l'intervallo minimo che deve intercorrere tra l'ultimo
      trattamento e la raccolta e, per le sostanze alimentari immagazzinate, tra
      l'ultimo trattamento e l'immissione al consumo”?    
      2. - Con ordinanza 9 dicembre 2002, l'Ufficio centrale per il referendum
      presso la Corte di cassazione ha dato atto che la suddetta richiesta di referendum
      popolare abrogativo aveva riportato sottoscrizioni regolari nel numero
      richiesto dalla legge, ma – in base all'art. 32 della legge 25 maggio
      1970, n. 352 – ha determinato la denominazione del referendum
      nei termini seguenti: ”Sicurezza alimentare: divieto generalizzato di
      residui di prodotti tossici negli alimenti”; con la medesima ordinanza,
      l'Ufficio centrale ha dichiarato che la richiesta di referendum
      è conforme alle disposizioni di legge.     
      3. - L'Ufficio, ha ritenuto di non poter accogliere alcune
      osservazioni formulate dai promotori riguardanti la denominazione del referendum.
          
      3.1 – In primo luogo, il titolo della proposta deve essere
      formulato in modo da prospettare il “divieto di residui di prodotti
      tossici” e non già il “divieto di residui tossici negli alimenti”,
      come da essi proposto.    
      Difatti, osserva l'Ufficio centrale, la proposta referendaria,
      lasciando inalterata l'attuale formulazione dell'art. 5, lett. h),
      si riferisce appunto ai “residui di prodotti tossici per l'uomo”.
      Diversamente, la denominazione non sarebbe più conforme alla proposta
      referendaria.    
      3.2 – In secondo luogo, l'Ufficio centrale ha ritenuto di non
      poter accogliere la proposta dei promotori di abolire il riferimento
      previsto nel titolo alla generalizzazione del divieto di uso di prodotti
      tossici.    
       Sostiene, infatti, l'ufficio della Suprema Corte di
      cassazione che nel fissare la denominazione referendaria occorre fare
      riferimento alle modifiche che si vogliono apportare alla norma, quale
      risulta nella sua attuale formulazione, a prescindere dalla sua concreta
      applicazione.    
      4. - Ricevuta comunicazione dell'ordinanza, il Presidente di questa
      Corte ha convocato la stessa in camera di consiglio per il giorno 14
      gennaio 2003 per le conseguenti deliberazioni, dandone regolare
      comunicazione.    
      5. – In data 10 gennaio 2003, per il Comitato promotore è stata
      presentata una memoria integrativa riferita, tra gli altri, al referendum
      abrogativo qui in esame.      
      La memoria, dopo aver richiamato la giurisprudenza della Corte
      costituzionale a sostegno della ammissibilità in genere dei referendum
      ed il valore, sottolineato particolarmente dalla dottrina, dei precedenti
      giurisprudenziali in questa materia, si sofferma in particolare sul referendum
      in tema di “sicurezza alimentare”, affermando che non osta alla
      ammissibilità la circostanza che la normativa risultante da un esito
      favorevole potrebbe costituire un obbligo impossibile da osservare; al
      contrario, il Comitato promotore ritiene che l'eventuale divieto di
      impiego di sostanze tossiche sia nella coltura e nella conservazione di
      alimenti potrebbe agevolmente essere rispettato; in questi casi, infatti,
      l'abrogazione auspicata comporterebbe che, “laddove tracce di sostanze
      inquinanti siano presenti negli alimenti ed esse risultino al di sotto dei
      limiti di tollerabilità (…) esse debbono essere dichiarate per quello
      che sono – sostanze inquinanti – e con l'avviso che la sostanza è
      nociva”. In tal modo, inoltre, attraverso l'intervento referendario si
      darebbe attuazione alla normativa comunitaria di settore.      
      La memoria presentata conclude insistendo per la ammissibilità dei
      referendum da essa illustrati
      richiamando, altresì, a sostegno la recente giurisprudenza della Corte
      sulla chiarezza ed omogeneità dei quesiti nonché quella sulla univocità
      degli stessi.    
      6. – Nella camera di consiglio del 14 gennaio 2003 è stato
      udito, in qualità di difensore del Comitato promotore, l'avvocato Carlo
      Rienzi, il quale ha insistito per la dichiarazione di ammissibilità. Considerato
      in diritto    
      1. – Questa Corte è chiamata ad accertare – ai sensi dell'art.
      75, secondo comma della
      Costituzione, dell'art. 2 della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1 e
      dell'art. 33, quarto comma, della legge 25 maggio 1970, n. 352 – se è
      ammissibile la richiesta di referendum
      popolare  abrogativo della
      legge 30 aprile 1962, n. 283 (“Modifica degli artt. 242, 243, 247, 250 e
      262 del T.U. delle leggi sanitarie approvato con R.D.
      27 luglio 1934, n. 1265: Disciplina igienica della produzione e della
      vendita delle sostanze alimentari e delle bevande”), art. 5, lettera h),
      limitatamente alle parole “usati in agricoltura per la protezione delle
      piante e a difesa delle sostanze alimentari immagazzinate”, e alle
      parole “Il Ministro per la sanità, con propria ordinanza, stabilisce
      per ciascun prodotto, autorizzato all'impiego per tali scopi, i limiti di
      tolleranza e l'intervallo minimo che deve intercorrere tra l'ultimo
      trattamento e la raccolta e, per le sostanze alimentari immagazzinate, tra
      l'ultimo trattamento e l'immissione al consumo”.     
      A tal fine si deve stabilire se ricorrano i limiti espressamente
      previsti dall'art. 75, secondo comma, della Costituzione o comunque
      impliciti nel sistema, relativi alle normative non suscettibili di
      consultazioni referendarie abrogative, ed accertare altresì se la
      struttura del quesito proposto risponda alle esigenze di chiarezza,
      univocità ed omogeneità, secondo la consolidata giurisprudenza di questa
      Corte in tema di ammissibilità delle domande referendarie.    
      2. – Preliminarmente va osservato che l'oggetto del referendum
      abrogativo è solo in parte coincidente con altra richiesta referendaria
      dichiarata ammissibile da questa Corte con la sentenza n. 64 del 1990; nel
      caso attualmente in esame, infatti, oltre alla seconda parte della lettera
      h) dell'art. 5 della legge n.
      283 del 1962, relativa alla procedura ministeriale di autorizzazione
      all'uso limitato di particolari sostanze, già oggetto del referendum
      abrogativo svoltosi nel 1990, viene richiesta anche la eliminazione
      dell'inciso contenuto nella prima parte della stessa lettera h),
      relativo alla previsione che possano essere impiegati in agricoltura
      prodotti “per la protezione delle piante e a difesa delle sostanze
      alimentari immagazzinate”.    
      Appare, dunque, evidente l'effetto manipolativo dell'abrogazione
      proposta – effetto assente nel precedente referendum
      – dalla quale scaturirebbe un divieto generalizzato ed assoluto di
      utilizzazione di prodotti in grado di determinare residui tossici per
      l'uomo nella produzione agricola delle sostanze alimentari e nella loro
      conservazione, nonché di preparazione, vendita, detenzione per la vendita
      e distribuzione per il consumo di ogni prodotto alimentare che possa
      contenere una qualsiasi quantità di “residui di prodotti tossici per
      l'uomo” - espressione tanto generica da riferirsi ad una serie
      indeterminata di sostanze, identificate esclusivamente per la loro
      potenziale tossicità -.    
      Il divieto risultante dalla abrogazione ipotizzata si completerebbe
      con l'esclusione della procedura autorizzatoria finalizzata all'impiego in
      agricoltura o nell'immagazzinamento dei prodotti alimentari di sostanze
      che, nelle quantità o nelle condizioni autorizzate, siano ritenute prive
      di effetti tossici sull'uomo.    
      Si consideri, altresì, che il nuovo divieto così introdotto dal
      possibile esito positivo del referendum,
      risulterebbe sanzionato penalmente, con i conseguenti problematici
      rapporti con le fattispecie di cui agli articoli 444 e 516 del codice
      penale.    
      La proposta referendaria va quindi dichiarata inammissibile,
      consistendo “in una proposta all'elettore, attraverso l'operazione di
      ritaglio sulle parole ed il conseguente stravolgimento dell'originaria ratio
      e struttura della disposizione, di introdurre una nuova statuizione, non
      ricavabile ex se
      dall'ordinamento, ma anzi del tutto estranea al contesto normativo”
      (sentenza n. 36 del 1997 e, analogamente, sentenze n. 13 del 1999 e n. 34
      del 2000).    
      3. - La proposta di referendum
      popolare, inoltre, si pone in palese contraddizione con quanto previsto
      dall'art. 19 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 194, (Attuazione
      della direttiva n. 91/414/CEE in materia di immissione in commercio di
      prodotti fitosanitari), disposizione non sottoposta a referendum,
      che, proprio in riferimento a quanto previsto nella lettera h)
      dell'art. 5 della legge n. 283 del 1962, prevede che “il Ministro della
      sanità, con proprio decreto, adotta” i limiti massimi di residui di
      sostanze attive dei prodotti fitosanitari che siano “definiti in sede
      comunitaria e, in mancanza, li stabilisce in via provvisoria, sentita la
      Commissione di cui all'art. 20 e tenuto conto degli eventuali orientamenti
      comunitari relativi alla presenza simultanea di residui di più sostanze
      attive nello stesso alimento, informandone la Commissione europea”.     
      Anche a voler prescindere dal dubbio sulla coerenza e completezza
      dell'oggetto del referendum
      proposto, risulta evidente la netta contraddizione fra il divieto
      penalmente sanzionato di ogni impiego o commercializzazione di alimenti e
      bevande “che contengano residui di prodotti tossici per l'uomo” (che
      appunto deriverebbe dall'abrogazione referendaria proposta) e la
      previsione di procedimenti, quali quelli previsti dal d.lgs. 17 marzo
      1995, n. 194, vòlti a consentire l'immissione in commercio e
      l'utilizzazione dei prodotti fitosanitari ed a determinare i limiti
      massimi di residui di sostanze attive dei prodotti fitosanitari che
      possono essere presenti negli alimenti e nelle bevande.   | 
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       LA
      CORTE COSTITUZIONALE    
      dichiara
      inammissibile la richiesta di referendum
      popolare, nelle parti indicate in epigrafe, della legge 30 aprile 1962, n.
      283 (“Modifica degli artt. 242, 243, 247, 250 e 262 del T.U. delle leggi
      sanitarie approvato con R.D. 27
      luglio 1934, n. 1265: Disciplina igienica della produzione e della
      vendita delle sostanze alimentari e delle bevande”); richiesta
      dichiarata legittima con ordinanza 9 dicembre 2002 dall'Ufficio centrale
      per il referendum costituito
      presso la Corte di cassazione.    
      Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2003.    
      F.to:    
      Riccardo CHIEPPA, Presidente    
      Ugo DE SIERVO, Redattore    
      Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere    
      Depositata in Cancelleria il 6 febbraio 2003.    
      Il Direttore della Cancelleria  |